La manifestazione fisica di un movimento non più sotterraneo della Silicon Valley verso destra – o meglio, apertamente a destra – è lo spostamento del quartier generale di X (ex Twitter) e SpaceX nella roccaforte del partito repubblicano, il Texas (benché nella “liberal” Austin).

ELON MUSK lo ha annunciato sulla sua piattaforma social martedì, in risposta all’«ultima goccia» versata nel vaso della sua pazienza dal governatore democratico della California – patria della Silicon Valley – Gavin Newsom, reo di aver emanato una legge che proibisce alle scuole di imporre ai docenti di informare i genitori se uno dei loro alunni cambia identità di genere o orientamento sessuale.

Proprio l’uomo più ricco del mondo è informalmente alla guida dell’ondata di personalità di Big Tech che finanziano o comunque sostengono l’avanzata di Donald Trump verso la Casa bianca. Il suo «pieno endorsement» dell’ex presidente immediatamente successivo all’attentato di sabato è solo la punta dell’iceberg. Anche se ha smentito la notizia riportata dal Wall Street Journal secondo la quale donerà 45 milioni di dollari al mese a America Pac (un comitato di raccolta fondi per Trump), Musk si colloca al centro di una serie di personalità che, nella sola giornata di lunedì, ha inviato donazioni al super Pac per il valore di 8.5 milioni di dollari (Bloomberg riporta che fra loro c’era lo stesso Ceo di Tesla). Fa i finanziatori della Silicon Valley Antonio Gracias, nel consiglio di amministrazione di Tesla, il cofondatore di Palantir (compagnia di analisi dei Big Data) Joe Lonsdale e Doug Leone di Sequoia Capital, azienda di venture capital.

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IL FONDATORE di Palantir (e di PayPal) Peter Thiel è da tempo al centro dell’avanguardia reazionaria della Silicon Valley, nonché dello slancio filotrumpista nel mondo tech, nonostante il recente raffreddamento dei rapporti con il tycoon. Il nome di Thiel si salda infatti con quello della scelta di Trump come candidato vice presidente, il senatore dell’Ohio JD Vance, che intrattiene rapporti con il magnate tech sin da quando frequentava la facoltà di legge a Yale nel 2011. Un articolo del New York Times ricorda come Thiel (che ha contribuito notevolmente alla campagna di Vance per un seggio al Senato) sia stato cruciale nella parentesi di cinque anni della carriera del candidato Gop alla vicepresidenza nella Silicon Valley. Dove ha coltivato contatti che hanno dato i loro frutti più evidenti il mese scorso, quando a San Francisco ha organizzato una cena di raccolta fondi per Trump fra i big della Silicon Valley – contributo minimo per partecipare 50.000 dollari.

ALL’EVENTO non c’erano Thiel e Musk ma erano presenti David Sacks di Craft Ventures e un altro importante venture capitalist: Chamath Palihapitiya. Si deve anche a loro la scelta dell’ex avversario Vance come compagno di corsa alla presidenza di Trump, che in questa campagna elettorale ha pienamente compreso l’importanza di portare a sé una parte – crescente – del mondo tech. «Eccellente decisione», è stato il commento di Musk, e non solo, alla nomina di Vance. L’autore di Hillbilly Elegy, e sostenitore dei gruppi dichiaratamente conservatori della Silicon Valley, è uno degli elementi chiave di questa crociata filotrumpista nel mondo tech. Che nell’immaginario collettivo è fatto di nerd di tendenze liberal che ogni anno affollano il festival Burning Man per riempirsi di allucinogeni, ma che da sempre cova un cuore eversivo. Che oppone resistenza a qualunque tentativo di imporre le leggi a cui sono sottoposte tutte le persone e le aziende americane al contropotere della Silicon Valley.

NON A CASO, il Washington Post ha reso pubblico un piano per la futura presidenza Trump, in corso di elaborazione da parte di suoi alleati, per abrogare il già debole ordine esecutivo di Biden che impone uno sviluppo «sicuro» dell’intelligenza artificiale. E sostituirlo con dei «progetti Manhattan» per sviluppare tecnologie militari fondate sull’Ia e pensate per sorpassare la Cina in tutti gli slanci in avanti relativi a questa nuova tecnologia. «Non bloccare l’innovazione»: questo l’imperativo apocalittico di un altro fondo venture, Andreessen e Horowitz, che ha annunciato il proprio endorsement a Donald Trump.