È finita la pandemia ma non la ricerca di un vaccino universale contro il Covid-19. L’obiettivo è trovarne uno che blocchi la trasmissione del virus e risponda a tutte le varianti. Ma le aziende farmaceutiche Pfizer e Moderna stanno mettendo i bastoni tra le ruote ai ricercatori.

Nonostante la loro efficacia, i vaccini a mRna forniti a mezzo mondo dalle due aziende non fermano il contagio e devono essere aggiornati periodicamente sulla base delle nuove varianti. Perciò, gli scienziati proseguono gli studi per trovare un vaccino ad ampio spettro. I vaccini sperimentali però devono essere messi a confronto con quelli prodotti da Pfizer e Moderna, per garantire almeno la stessa efficacia e la stessa sicurezza. Realizzare questi test non è possibile perché Pfizer e Moderna si rifiutano di fornire dosi a scopo di ricerca, o lo fanno con enorme ritardo. Lo denuncia il rapporto intitolato «Ricerca in ostaggio» dell’organizzazione non governativa PrEP4All, che lotta per allargare l’accesso ai farmaci. «Senza il vaccino bivalente Pfizer, non disponiamo di un termine di paragone», lamentano gli scienziati interpellati da PrEP4All. Nel solo 2022, le aziende hanno fatturato oltre 50 miliardi di euro grazie ai vaccini.

Il blocco riguarda persino le ricerche finanziate dal potente National Institutes of Health, il principale ente di ricerca pubblica al mondo nel settore, i cui ricercatori hanno dovuto ripiegare su vaccini scaduti o addirittura su fiale già parzialmente usate e destinate allo smaltimento pur di svolgere le sperimentazioni. Nemmeno il governo statunitense, che ha milioni di dosi vicine alla scadenza, ha potuto fornirle loro: le clausole dei contratti di acquisto dei vaccini stabiliscono infatti che per cedere le dosi acquistate è necessaria l’autorizzazione delle aziende farmaceutiche. «Per oltre due anni, i contratti tra governi e industria hanno avuto l’effetto collaterale di ritardare o bloccare l’accesso a questi prodotti a scopo di ricerca», spiega il rapporto della Ong.

L’industria farmaceutica sta bloccando anche i ricercatori dell’hub scientifico creato a Città del Capo (in Sudafrica) dall’Oms allo scopo di sviluppare un vaccino locale e diminuire la dipendenza dai costosi monopoli occidentali. Le dosi le avrebbe fornite il governo francese se Pfizer non si fosse opposta. Neanche Moderna ha dato il suo consenso all’inizio dei test clinici. E l’obiettivo di avere una piattaforma vaccinale africana pronta a rispondere a eventuali nuove crisi sanitarie rischia di sfumare.

Le aziende usano le clausole anche per fermare ricerche ritenute scomode. Ad esempio, hanno aspettato un anno prima di fornire le dosi per gli studi sull’efficacia dei vaccini in persone anziane e immunocompromesse, vanificandole in quanto nel frattempo il virus era mutato. Inoltre, alle clausole contrattuali si aggiungono i brevetti che permettono alle aziende di affermare il monopolio anche sui prodotti derivati dai vaccini. E questo scoraggia i ricercatori interessati a collaborare con le multinazionali per migliorare quelli esistenti.