La rottura di Conte non paga: «Ma eravamo outsider»
Addio alle urne Fallisce il tentativo dei 5 Stelle di superare il Pd. Bianchi fuori dal consiglio regionale ammette «risultato insoddisfacente»
Addio alle urne Fallisce il tentativo dei 5 Stelle di superare il Pd. Bianchi fuori dal consiglio regionale ammette «risultato insoddisfacente»
Per il Movimento 5 Stelle le elezioni regionali di Lazio e Lombardia rappresentano una battuta d’arresto. L’obiettivo era avanzare ulteriormente, superare il Pd e consolidare l’alleanza con il «polo progressista» ma il risultato del Lazio, la regione che era stata immolata alla conta interna alle opposizioni, dicono che il Pd tutto sommato tiene e i 5 Stelle non decollano. Fin dal primo pomeriggio di questo lunedì elettorale, dunque, in via Campo Marzio capiscono che si tratta solo di decidere in che modo raccontare il passo falso.
Parla chiaramente di «risultato insoddisfacente» Donatella Bianchi, la donna scelta da Conte per sfidare Alessio D’Amato prima che Francesco Rocca e che in quanto terza tra i candidati presidente non entrerà neppure in consiglio regionale. «Prendo atto del forte astensionismo, una Regione che ha visto il voto di meno del 40% degli aventi diritto è una regione solo parzialmente rappresentata», dice Bianchi in serata. «I numeri non premiamo il nostro sacrificio», ribadisce ma più avanti ma ci tiene a precisare che non si considera responsabile della vittoria delle destre, visto che, sostiene, «una sommatoria algebrica senza condivisione non premia e non ha senso. E comunque i numeri dicono che non avrebbe portato a un risultato utile». «Restiamo coerenti e si riparte da qui – ribadisce – Non ci sentiamo responsabili nella maniera più assoluta ma leali e coerenti rispetto a quella che per noi è stata un’assunzione di responsabilità».
Anche se le regionali non sono storicamente un punto di forza del M5S salta all’occhio il risultato di cinque anni fa, quando vinse per un soffio Nicola Zingaretti. Nel 2018 la lista pentastellata era arrivata al 26,99%. Per di più, la candidata presidente era Roberta Lombardi, poi divenuta assessora alla transizione ecologica e tra gli esponenti grillini che, dietro le quinte, in queste settimane hanno più lavorato per convincere Conte a mettere da parte i veti e ricostituire il «campo largo». C’è da dire che in quella tornata anche in Lombardia andò meglio: il candidato M5S Dario Violi raccolse il 17,37% delle preferenze mentre si arriva a malapena al 4,1%. Unica magra consolazione: il M5S prende più voti dei rivali centristi del Terzo polo.
Conte affronta i cronisti a dato consolidato. «Vedo che da parte del Pd c’è grande concentrazione sulla nostra performance – dice il leader del M5S – Ma hanno poco da festeggiare, visto che erano loro gli uscenti che avevano governato per dieci anni il Lazio. Qui noi eravamo gli outsider, abbiamo per la prima volta costruito un fronte con un’area di ambientalista e sinistra. È stato un esperimento a cui siamo stati costretti dalle scelte del Pd. Non siamo stati capaci di comunicare ai cittadini la concretezza e la solidità del nostro progetto politico ma non significa che un’accozzaglia ci avrebbe premiati».
Cercano di ragionare sul risultato, che non raggiunge l’1,5% anche gli esponenti del «polo progressista» che affiancava il M5S. Nell’assemblea che alla presenza di Conte servì ad annunciare la loro discesa in campo c’erano diversi personaggi della sinistra sociale e politica capitolina. Pareva insomma che l’operazione potesse davvero rompere l’egemonia del centrosinistra su alcuni pezzi di città. «Il dato dell’astensione è una sconfitta per tutti – affermano la capolista Tina Balì, Stefano Fassina, Loredana De Petris, Paolo Cento – Indica un sempre più preoccupante distacco tra i cittadini, soprattutto le fasce più in difficoltà, e le istituzioni democratiche. In tale quadro, senza un’alternativa credibile in campo, la destra conferma la forza dimostrata alle elezioni del 25 settembre». Tuttavia, sostengono, la sconfitta dell’area progressista «non è frutto soltanto della divisione»: «Nel Lazio senza una netta discontinuità di programma e un candidato all’altezza della sfida, neanche l’unità avrebbe portato ad un’offerta competitiva – proseguono – Il risultato del ’Polo progressista’, alla sua prima uscita, fissa le basi per costruire un progetto politico dalla parte del lavoro e della conversione ecologica, in relazione con il M5S».
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