Europa

La roccaforte dove Woidke governa da undici anni

Dietmar Woidke (Ap)Il governatore uscente del Brandeburgo, Dietmar Woidke foto Ap

Elezioni in Brandeburgo L’ultima rilevazione restituisce il clamoroso testa a testa elettorale fra socialdemocratici e fascio-populisti e basterebbe questo a decretare la fine dell’epoca antifascista in Brandeburgo durata otto decenni

Pubblicato circa 2 mesi faEdizione del 22 settembre 2024

«Il mio unico obiettivo è battere Alternative für Deutschland. Se non ci riesco, me ne torno a casa». Dietmar Woidke, 61 anni, è un gigante di 1,96 metri completamente calvo con due mani da fabbro (il mestiere del padre), perfettamente consapevole che oggi si gioca l’intera carriera. Da undici anni è il governatore Spd del Brandeburgo, lo Stato federale che ingloba Berlino al punto che uno dei due terminal dell’aeroporto internazionale “Willy Brandt” ricade nella sua giurisdizione. Politicamente il Land è un bastione rosso dei socialisti: a Potsdam governano ininterrottamente da 34 anni.

La chiave del successo di Woidke però è tutto merito suo e il segreto della forza è unanimemente riconosciuto quanto banale: parla con chiunque e conosce a menadito ogni singolo argomento che tratta. Soprattutto ascolta, per ore, pazientemente, ribattendo sempre con massima competenza. Quando i contadini gli squadernano la lista degli insormontabili problemi del settore; Woidke li comprende in pieno perché ha studiato agricoltura e produzione animale all’Università di Cottbus.

Se i produttori di mangimi lamentano l’insostenibilità della produzione made in Germany; lui li sta a sentire con l’esperienza da ex capo del dipartimento scientifico di “Sano-Minerarfrutter Gmbh”, azienda leader nella zootecnia. Così su tutto. Persino i cacciatori assediati dai veti degli ambientalisti bussano alla sua porta: dal 2006 il governatore ha nel portafoglio anche la tessera dell’associazione venatoria del Land. Con un padre-padrone così a chi mai può venire in mente di invocare la politica dell’uomo forte?

A un terzo circa degli elettori, almeno così rispondono i sondaggi. L’ultima rilevazione restituisce il clamoroso testa a testa elettorale fra socialdemocratici e fascio-populisti e basterebbe questo a decretare la fine dell’epoca antifascista in Brandeburgo durata otto decenni. Prima dell’ascesa di Afd l’ultra-destra qui non è mai esistita. Legalmente impossibile ai tempi della Sed (il partito-guida della Ddr) che governò il Land dal 1945 al 1990, è rimasta impensabile anche nell’era della riunificazione quando il potere è transitato in blocco nelle mani della Spd, prima con Manfred Stolpe (dal 1990 al 2002), poi con Matthias Platzeck (dal 2002 al 2013) e infine con Woidke.

Sembra passato un secolo, invece fino a pochi anni fa l’anticorpo dell’antifascismo in Brandeburgo era vivo e vegeto. A resistere, anche qui, ormai è soltanto il «cordone democratico»: il patto politico stipulato fra tutti i partiti che finora ha impedito ad Afd di formare una coalizione al di là della matematica elettorale.

A Potsdam nessuno si illude più: comunque il Land da domani non sarà più la roccaforte rossa nella Germania dell’Est, anche se non seguirà la sorte di Sassonia e Turingia dove dopo il voto di inizio mese la forza politica di governo più a sinistra è la corrente di destra della Cdu (in attesa delle scelte dell’incollocabile Sahra Wageknecht). Tuttavia la posta in gioco per i socialisti è più alta che mai: vale l’agibilità politica nel più importante Land della ex Ddr quando mancano appena dodici mesi alle elezioni federali con la Spd quotata metà della Cdu-Csu.

Eppure il Brandeburgo non è una landa desolata come Sassonia e Turingia: è invece lo Stato dove tutti i tedeschi dell’Est vorrebbero vivere, almeno in teoria. Primo testimonial della qualità della vita nel Land è proprio Olaf Scholz, residente a Potsdam come altre decine di migliaia di altri “immigrati” berlinesi: in primis giovani coppie e studenti attirati rispettivamente dalla dimensione umana della città e dal basso costo delle tasse universitarie. «

Primi in classifica davanti a Monaco e Amburgo!» si vantava Mike Schubert, sindaco Spd di Potsdam, venti mesi fa dopo la pubblicazione della classifica nazionale delle città tedesche valutate secondo «livello», «dinamismo» e «sostenibilità». A leggere gli indicatori, la capitale del Land è una città ideale e il Brandeburgo un faro di sviluppo. «La nostra economia è solida e adattabile alla crisi. Nella prima metà del 2023 eravamo leader a livello nazionale. La crescita dello Stato è stata del 6%: in tutta la Germania gli operatori guardano con interesse al nostro sistema economico» riassume Woidke dal palco della locale confindustria.

In Brandeburgo il lavoro certamente non manca e non solo perché Elon Musk ha deciso di piantare qui la Gigafactory Europe di Tesla ma al contrario perché il tessuto economico del Land offre condizioni super-favorevoli a tutti gli imprenditori. «Il problema scottante è solo la cronica mancanza di lavoratori qualificati. Ci serve più formazione»; che qui come nel resto della Bundesrepublik si traduce esclusivamente con immigrazione: il programma di formazione tedesco non riesce a sfornare neppure metà delle figure indispensabili ad agricoltura e industria.
Non è un caso se Woidke chiede facilitazioni per l’integrazione degli stranieri e ha perfino proposto che Berlino diventasse la capofila delle iniziative per la Pace in Ucraina, in assoluta controtendenza con Scholz. Invece di decine di migliaia di costosi profughi di guerra, il Brandeburgo vuole braccia esperte a basso prezzo. «Mi fa piacere che la necessità di migranti sia riconosciuta dagli imprenditori del Land» ricorda Woidke.

Dietro alla sua scrivania è appesa la mappa del Land, stretto fra l’Elba e l’Oder che segna il confine con la Polonia. Fino alla costruzione del Muro di Berlino sugli atlanti geografici stampati a Postdam il Brandeburgo era l’ultimo lembo della «Germania Centrale» sopravvissuto allo smembramento del Reich nel 1945. Prima della riunificazione fallita e la successiva comparsa di Afd, la «questione orientale» qui erano i 10 milioni di profughi dalla Prussia orientale da dover accogliere. Prima ancora, in tempi più antichi, il termine si riferiva invece all’invasione dei sassoni: Potsdam, così come Berlino, era terra slava popolata dall’attuale minoranza dei Sorabi oggi confinata nella sola area della Lusazia.

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