Sono passati sei mesi dalla morte di Mahsa Amini che in Iran ha provocato l’ondata di proteste che ha posto una delle più grandi sfide mai affrontate dal regime clericale nei suoi 44 anni. Nell’ultimo mese la forte repressione, le migliaia di arresti e le esecuzioni sommate alla forte crisi economica hanno costretto i manifestanti a un passo indietro.

Ma ormai è evidente che gli iraniani, sotto la calma apparente, covano il fuoco delle loro rivendicazioni sintetizzate nello slogan «Donna, Vita, Libertà». L’avversità popolare verso il governo si manifesta in ogni occasione e diventa un rompicapo per chi governa.

MARTEDÌ SERA gli iraniani hanno celebrato Chahar-shanbe Souri. Nella notte prima dell’ultimo mercoledì dell’anno, vanno ad accogliere Nowruz, il capodanno persiano del 21 marzo, accendendo fuochi, saltandoci sopra, sparando fuochi d’artificio per scongiurare il male, le calamità e esprimere i propri desideri.

La cerimonia ha le sue radici negli antichi rituali persiani. Il fuoco è un elemento essenziale della festa. Agli occhi degli iraniani, è l’unico tra i quattro elementi della natura che non viene inquinato, simbolo di luce, purezza, freschezza, creatività, vita, salute; è il segno più importante di Dio sulla terra.

Quest’anno la festa si è trasformata in protesta anti-regime in molte città tra cui Teheran, Sanandaj, Gorgan, Rasht, Baneh, Saqqez, Mashhad, Zanjan. Malgrado le intimidazioni e le minacce dell’autorità, donne e uomini si sono radunati attorno al fuoco, ballando e gridando slogan contro il potere. Alcuni giovani hanno lanciando fuochi d’artificio contro le forze di sicurezza.

PURTROPPO la festa ha lasciato sul terreno 11 morti e oltre 3.500 feriti a causa di incidenti in varie città. La festa è una usanza pre-islamica e non ha niente a che vedere con la religione. Dopo la rivoluzione islamica del 1979 il potere clericale ha tentato di eliminare le tradizioni popolari considerate non islamiche e persino anti-islamiche. Invece molti iraniani hanno cercato di rafforzare tali rituali legati alla Persia pre-islamica. Oggigiorno la festa è diventata un simbolo nazionale per contrastare il pensiero dell’islam politico.

Le proteste hanno cambiato forma negli ultimi due mesi, gli iraniani hanno trovato molti modi meno pericolosi di manifestare e far sentire la loro voce. Le ragazze e le donne occupano un posto importante in questa lotta e ne simboleggiano la punta di diamante.

L’8 marzo, Giornata internazionale della donna, un gruppo di cinque ragazze adolescenti di un quartiere di Teheran, Ekbatan, hanno registrato una clip mentre ballano su una canzone di Selena Gomez e della cantante nigeriana Rema. La clip è diventata rapidamente virale sulla rete, milioni di visualizzazioni in breve tempo.

Con il loro gesto hanno infranto il divieto per le donne di ballare in pubblico e indossare il velo obbligatorio. Una sfida che il regime non ha tollerato. Le autorità hanno identificato e arrestato le ragazze. Sono state detenute per circa 48 ore e costrette a tornare nel punto in cui avevano registrato il loro primo video per registrarne un secondo in cui si pentivano, con la testa coperta.

ANCHE LA SECONDA CLIP è diventata virale e in risposta sono state sversati nella rete centinaia di video con ragazze che ballano in solidarietà con le cinque adolescenti. Il regime sembra che sia terrorizzato dalle ragazze e dalle donne. Martedì, il parlamento ha rilasciato nuove regole per affrontare le donne senza velo.

Verranno identificate attraverso video sorveglianza istallata nei luoghi turistici, ricreativi e commerciali, farmacie, treni, aerei e anche negli spazi virtuali e punite secondo la legge. I proprietari e gli operatori di questi centri sono responsabili dell’osservanza dell’hijab e in caso contrario verranno puniti anche loro.

Recentemente le autorità hanno sigillato Palazzo Ameri, un’importante attrazione turistica a Kashan, e una fattoria biologica tra le 18 migliori pratiche nel turismo ecologico, Matin Abad Eco-Resort, per mancata osservanza del velo da parte di visitatrici e clienti.