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La rivolta in Iran ricorda i suoi martiri. E le attrici ci mettono il volto

La rivolta in Iran ricorda i suoi martiri. E le attrici ci mettono il voltoTeheran, i fuochi ancora accesi della rivolta iraniana

Dalle piazze ai social Proiettili d’assalto contro le proteste, prosegue nelle piazze la strage delle milizie Basiji. La foto di un manifestante ucciso dopo essere stato legato a un palo diventa performance di piazza. La foto di un manifestante ucciso dopo essere stato legato a un palo diventa performance di lotta. E la star del cinema iraniano Taraneh Alidoosti si schiera, le colleghe la seguono: «Gridiamo ciò che grida la nostra gente: donna, vita, libertà»

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 11 novembre 2022

Non si fermano le proteste in alcune delle principali città iraniane. A Teheran, Marivan, Mashhad, Rasht, Esfahan, Shahrekord, Mahabad, Sanandaj e Bandar Abbas anche ieri i manifestanti sono scesi in strada e si sono registrati nuovi episodi di violenza. A Qahdarijan, nella provincia di Isfahan, si parla di numerosi feriti a causa della repressione particolarmente feroce.

Ma le proteste si protraggono da talmente tanti giorni che siamo già agli anniversari. A Marivan infatti, giovedì i manifestanti hanno organizzato un corteo per ricordare la morte di Mokhtar Ahmadi, uccisa con un proiettile d’assalto da parte delle forze dell’ordine durante una protesta il 1° ottobre scorso. Per le strade del centro di Marivan i manifestanti gridavano «donna vita libertà e morte al dittatore». A Mahabad si sono tenuti i funerali di Faeq Mam Qaderi, ferito anche lui da proiettili d’assalto esplosi contro la sua auto il 15 ottobre scorso. Il ragazzo è morto il 9 novembre all’ospedale cittadino di Urmia, nei cui pressi si sono poi radunati i suoi concittadini.

NON SI FERMANO neanche gli assalti delle forze di sicurezza e degli squadroni del Basij, le milizie filogovernative, contro le università. Durante un attacco a sorpresa di alcuni gruppi in assetto antisommossa a uno studentato dell’università di Kerman nelle ore serali di mercoledì 9 novembre, almeno tre studenti sono rimasti ferite da proiettili di gomma di calibro simile a quello dei pallettoni da caccia.

Taraneh Alidoosti, famosa attrice iraniana, ha pubblicato sul proprio profilo Instagram una foto mentre non indossa il velo e tiene tra le mani un cartello con su scritto «Jin Jiyan Azadi» (donna, vita libertà in curdo). Poco dopo, altre tre attrici iraniane hanno seguito Alidoosti. La prima è Donya Madani, che ha pubblicato una sua foto mentre non indossava il velo come gesto di solidarietà con Alidoosti e ha scritto: «Io combatto per Zan Zendeghi Azadi (donna vita libertà in farsi, ndr) e tu ci aiuti ad abituarci a quella libertà»; poco dopo ha seguito il suo esempio Khazar Masoumi, che ha pubblicato una dichiarazione più o meno simile. La terza, Mina Akbari ha invece scritto: «Taraneh tra il cinema e il popolo ha scelto quest’ultimo e anch’io ho intenzione di fare la mia parte e grido ciò che grida la mia gente: Zan Zendeghi Azadi».

In varie città i giovani hanno dato vita a una sorta di performance per inscenare una foto che ritrae Khodanour Lajei, un manifestante ucciso durante le proteste di venerdì 30 settembre a Zahedan. Lajei due mesi prima dell’inizio delle proteste era stato legato a un palo in città dalla polizia e quando ha chiesto dell’acqua, hanno lasciato un bicchiere per terra davanti a lui.

ELHAM AFKARI, SORELLA del lottatore iraniano Navid Afkari che è stato condannato a morte con la falsa accusa di omicidio dopo le proteste del 2019, è stata arrestata dalle forze della sicurezza iraniane a Shiraz con l’accusa di collaborazione con Iran International, l’emittente in lingua farsi con base a Londra (da poco aggiunta alla lista dei gruppi terroristici da parte delle autorità iraniane). Nonostante Iran International abbia smentito qualsiasi collaborazione con la ragazza, le autorità non hanno acconsentito alla sua liberazione.

Come spesso è avvenuto nelle ultime settimane, il governo ha fatto sentire la sua voce per mezzo dei vertici militari. Il generale Yahya Rahim Safavi, consigliere militare dell’ayatollah Khamenei stavolta si è rivolto direttamente ai Paesi del golfo che «non devono intervenire nei nostri discorsi nazionali e devono scegliere tra i loro media e la loro sicurezza territoriale quale importa di più. Anche perché i loro media hanno cercato di infiltrarsi in Iran usando delle spie». A supporto delle sue accuse Safavi non ha fornito alcuna prova.

Intanto ieri si è saputo che il comitato delle famiglie vittime del volo ucraino PS752, abbattuto dai missili della Guardia della rivoluzione nel gennaio 2020, ha convocato per il 19 novembre una manifestazione nazionale in ricordo delle vittime dell’aereo e delle proteste del 2019.

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