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La rivolta del Politecnico di Atene, 50 anni fa

La rivolta del Politecnico di Atene, 50 anni fa16 novembre ’76,un carrarmato davanti al Politecnico di Atene; in basso le celebrazioni di questi giorni – Ap e Ansa

Novembre 1973 Le celebrazioni dell’evento, diventato il simbolo della liberazione dalla dittatura, andranno avanti fino alla fine dell’anno. Ma il ricordo di quelle giornate divide ancora la Grecia

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 19 novembre 2023

«Qui Politecnico! Qui Politecnico! Vi parla la stazione radio degli studenti liberi in lotta»: una voce aveva squarciato il silenzio che avvolgeva la capitale greca il 16 novembre 1973. L’appello proveniva dalla radio pirata, allestita in fretta e furia da centinaia di studenti che si erano asserragliati dentro alle mura del Politecnico nel centro di Atene. Fuori dai cancelli i muri si erano riempiti di scritte contro la dittatura fascista dei Colonnelli.

L’occupazione degli studenti era stata abbracciata quasi subito dalla popolazione. Molti ateniesi si erano radunati intorno alla facoltà occupata, scandendo slogan contro la Cia e gli Stati Uniti, responsabili di sostenere il regime militare. «Pane, istruzione, libertà» era la parola d’ordine che dal cortile dell’ateneo si era diffusa presto in tutta la capitale.

ALL’EPOCA IL REGIME iniziava a mostrare i primi segni di cedimento: per uscire dall’isolamento internazionale, su sollecitazione di Washington, aveva istituito un governo civile di facciata, con a capo un politico inconsistente, Spyridon Markezinis, ma mai, prima di quelle giornate di novembre, si era trovato ad affrontare una sollevazione popolare così imponente. Ben presto gli studenti si ritrovarono circondati dall’esercito.

Nelle prime ore del 17 novembre un carro armato, con i fari accesi al massimo per accecare i manifestanti, sfondò il cancello seguito dagli spari di soldati e poliziotti all’attacco, mentre i cecchini aprirono il fuoco dai tetti dei palazzi.

In molti, tra gli studenti feriti, cercarono riparo nelle case intorno all’ateneo, sapendo che se si fossero recati in ospedale sarebbero stati arrestati e torturati.

DI QUELLA NOTTE sono ancora visibili i segni dei proiettili sugli edifici nei pressi dell’università, e il cancello divelto dal carro armato è tuttora esposto nel cortile del Politecnico. Ma il lascito più importante del 17 novembre del ‘73 va cercato nella partecipazione popolare che fa della rivolta studentesca uno degli anniversari più sentiti in Grecia. Lo ha dimostrato la ventata di contestazione e di orgoglio portata quest’anno dal 50esimo anniversario della Rivolta.

LE CELEBRAZIONI, INIZIATE venerdì con un’imponente manifestazione, andranno avanti fino alla fine dell’anno. Più di 100mila persone hanno sfilato nel centro di Atene dietro alla bandiera greca macchiata di sangue che sventolava sul Politecnico la notte della strage. Tra i manifestanti molti giovani, ma anche organizzazioni sindacali e antifasciste, profughi palestinesi e kurdi e comuni cittadini. Molte le bandiere palestinesi.

Da quando è stata restaurata la democrazia, l’anniversario si celebra occupando simbolicamente il Politecnico, situato ai bordi del quartiere ribelle di Exarchia, da cui parte il corteo rituale destinato a concludersi davanti all’ambasciata statunitense. La rivolta del Politecnico contribuì a fare implodere, nel luglio del 1974, il regime militare, e l’anniversario è assurto di fatto al simbolo della liberazione dalla dittatura.

FIUMI DI INCHIOSTRO hanno accompagnato la celebrazione, caratterizzata da una grande ventata di nuovi studi e libri, conferenze, incontri con gli organizzatori della rivolta e studiosi del regime. Una serie di eventi pensata anche in reazione al tentativo dei nostalgici dei Colonnelli, ben rappresentati nel governo Mitsotakis, di sminuire l’importanza della ribellione approfittando del dominio della destra nelle emittenti televisive. A riprova del fatto che, a distanza di cinquant’anni, la rivolta del Politecnico rimane un evento divisivo.

Già dopo la caduta del regime militare, le autorità avevano tralasciato di perseguire i responsabili della strage e di registrare le denunce delle vittime. Tutt’ora non esiste un bilancio accertato delle persone assassinate quella notte: una delle ricostruzioni più accreditate parla di quaranta morti e altrettanti dispersi.

DI FRONTE ALLA NOTA retorica che dipinge l’evento come un «mito comunista» o una rivolta il cui contributo è stato «sovrastimato», perfino il premier di destra Mitsotakis per la prima volta ha sentito il bisogno di ricordare su Facebook che «la rivolta del Politecnico rimane un faro che illumina la strada verso una società più aperta e democratica». Peccato che lui e il suo governo ignorino la luce di questo faro.

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