Antonio Tajani dice che l’approdo della riforma della giustizia al consiglio dei ministri (il 20 o il 29 maggio) è «una vittoria di Berlusconi». Al di là delle eventuali implicazioni ultraterrene, però, non c’è alcun dubbio che l’accelerazione decisa da Meloni sia un netto successo per Forza Italia, che ottiene il suo scalpo (simbolico) alla vigilia delle elezioni europee. E pensare che, appena sabato scorso, intervenenedo a Palermo al congresso dell’Associazione nazionale magistrati, il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva detto che probabilmente il provvedimento sarebbe slittato. E molte toghe, dopo aver appreso dell’imminente arrivo della riforma, adesso si chiedono (retoricamente) quanto conti Nordio all’interno del governo, se cioè quantomeno lo tengano aggiornato sul calendario. Da quello che filtra, comunque, il riordino della giustizia non prevedrà l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale, ma «solo» la separazione delle carriere, il doppio Csm e la creazione di un’alta corte. Certo, la strada è ancora lunga, e ci sarà tutta la trafila parlamentare da affrontare, ma, ormai è ufficiale, la nave ormai è destinata a salpare.
«Un pubblico ministero separato sarà un pubblico ministero più forte di oggi – dice il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, analizzando la questione come già peraltro aveva fatto a Palermo -. Se preoccupa la concentrazione del potere in mano ai pm questo ci sarà ancora di più e si porrà il tema del controllo politico. Il pm avrà un potere enorme e sarà un problema di cui la politica si accorgerà».
Sui tempi lunghi a svelare il mistero ci pensa il deputato di Azione Enrico Costa: «Dopo più di un anno di lavoro in Parlamento, 35 audizioni, 14 sedute dedicate alle proposte parlamentari, il Governo presenta il suo testo. Così tutto dovrà ricominciare ed in questa legislatura sarà impossibile concludere l’iter. Il ddl taglia la strada al Parlamento. Ma la propaganda della maggioranza fa credere che tra qualche giorno avremo la tanto agognata riforma costituzionale. Purtroppo – conclude Costa – è vero l’esatto contrario, con il ddl si cancellerà ogni residua possibilità di riforma».