Per isolarsi si sono danneggiati. Meglio: per costringere tutti i “governati” all’isolamento, si sono paralizzati. Si parla della Russia. Il 5 luglio, dalla mezzanotte alle quattro dell’alba (ora di Mosca), il paese di Putin ha provato a disconnettersi completamente da Internet, ha provato a tagliare quei deboli fili che ancora lo collegano alla rete mondiale.

I risultati sono stati disastrosi. Anche stavolta sono stati disastrosi. Sì, perché da tempo, da qualche anno prima dell’invasione dell’Ucraina, la Russia sta testando quello che Putin chiama “il sistema Internet sovrano”: una rete che parte da Krasnodar e finisce a Vladivostok e che non ha “porte” verso l’esterno. Dove ovviamente qualsiasi cosa sarebbe controllata dal Cremlino.

C’è una legge, firmata da Putin quattro anni fa, che definisce l’“Internet sovrano” come primo e quasi unico obiettivo del “programma nazionale di economia digitale” e assegna al potente servizio di censura delle telecomunicazioni, Roskomnadzor, il compito di trovare gli strumenti per andare avanti su questa strada. La tecnologia da utilizzare deve restare segreta ma si sa solo che se ne occuperà un “sottoprodotto” di Roskomnadzor, che si chiama RDP.

E l’altra sera, si diceva, è arrivata la paralisi. Ad accorgersene, quei pochi utenti che attraverso vari strumenti – tanta capacità tecnica e anche un po’ di aiuto dagli attivisti nel mondo – riescono ancora a partecipare ai forum, alle aree di discussione internazionali.

All’alba del 5 luglio hanno lanciato l’allarme: “Per quattro ore qui non ha funzionato nulla. Ma proprio nulla, neanche il sito ufficiale della Duma. Neanche la pagina Web dei treni. Nulla. Tutto fermo.” Spento.

Poco a poco, raccogliendo le notizie da “fonti sicure”, Natalia Krapiva – che per AccessNow segue da vicino tutto ciò che riguarda la negazione dei diritti digitali nell’Europa dell’Est – e consultando una lunga serie di esperti, è riuscita a ricostruire quel che è avvenuto.

S’è trattato di un nuovo test di Roskomnadzor per provare a capire a che punto si è con “l’Internet russo”. In breve, comunque, si è potuto solo constatare che si è ancora molto lontani dal raggiungere l’obiettivo.

I risultati insomma sono stati negativi. Drammaticamente negativi.

MoscowTimes racconta che quasi tutto il sistema dei trasporti è andato in tilt. A quell’ora c’erano pochi treni in funzione ma quei pochi sono stati bloccati alle stazioni. Situazione difficile anche negli scali aerei che – pur senza partenze previste – ci hanno messo un po’ a riprendere le normali attività. E poi il resto. Servizi bancari, postali, messaggistica, tutto bloccato. Paralizzato anche Yandex e gli altri colossi russi che forniscono informazione, e-commerce, meteo. Tutto irraggiungibile.

E’ probabile quindi che Roskomnadzor abbia utilizzato l’enorme suite di strumenti di monitoraggio e censura dei quali dispone e che ha già usato in altre occasioni, per spegnere la rete. Ma anche stavolta, dopo aver interrotto i collegamenti col resto del mondo, l’”Internet sovrana” non è riuscita a partire. Non ha sostituito nulla.

La rete russa per i russi non ha funzionato, neanche per un minuto.

Difficile provare a quantificare i danni. Che comunque secondo gli esperti sono ingenti. Ma tanto non li pagherà né Roskomnadzor, né Putin, né i suoi. Perché non è la prima volta che la Russia fa questi test. Si sa per certo che ci aveva provato anche nel marzo del ’21, quando l’autorità moscovita decise che era già arrivato il momento del “sovranismo tecnologico”. Il risultato allora fu che quarantamila siti – compresi tutti quelli delle amministrazioni pubbliche – rimasero irraggiungibili per settimane.

Andò male, così come è andata male anche ieri. Ma se non li si ferma, prima o poi ci riusciranno.