La Rete ecosolidale della sinistra e il tabù della leadership
Verso la rete ecosolidale Negli ultimi trent’anni la frantumazione nella sinistra è stata causata dalla presenza di tanti leader o leaderini. Si discuta come sceglire la figura del coordinatore
Verso la rete ecosolidale Negli ultimi trent’anni la frantumazione nella sinistra è stata causata dalla presenza di tanti leader o leaderini. Si discuta come sceglire la figura del coordinatore
In un momento di grande incertezze, di paure e rassegnazione, la nascita della rete ecosolidale, con l’iniziativa degli incontri tematici e la partecipata assemblea online, trasmessa anche su ilmanifesto.it, è certamente una buona notizia.
Ma, chi ha vissuto altre esperienze simili nel passato (dalla lista Arcobaleno nell’89 in poi) non riesce a entusiasmarsi se non verranno rimesse alla discussione alcune questioni, che meglio potremmo definire come nodi rimossi, tabù.
Il primo riguarda la figura del leader, mai tanto indispensabile quanto più cresce l’uso di internet. Su questo tema, già sollevato in passato anche con successive polemiche su queste pagine, bisognerebbe esprimersi con chiarezza, possibilmente una volta per tutte.
Il popolo di sinistra ha un atteggiamento schizoide: da una parte considera la questione del leader come una faccenda che appartiene alla Destra, dall’altra non c’è stato movimento politico o partitico di sinistra rilevante che non abbia avuto un leader carismatico.
Come ha scritto Loris Caruso (il manifesto del 16 luglio) c’è una leadership che può essere di almeno due tipi: quella “populista” dell’uomo solo al comando che dialoga direttamente col popolo e quella “democratica” che rappresenta una sorta di primus inter pares, più un coordinatore, un regista, che un “padre padrone” di una determinata forza politica.
Ma, la vera questione che oggi si impone, mentre si va a costruire questa rete ecosolidale, è la seguente: come si sceglie, con quale metodo, il leader o portavoce che rappresenterà la rete nel suo complesso. Evitare di affrontare la questione significa solo mettere la testa sotto la sabbia.
Negli ultimi trent’anni la frantumazione nella sinistra, storica e di alternativa, è stata causata soprattutto dalla presenza di tanti leader o leaderini.
Trovare il metodo migliore, più democratico e partecipativo possibile, per individuare il leader/portavoce, è ormai indispensabile in un mondo in cui la personificazione di una visione del mondo, di un programma politico, è diventata una realtà con cui fare i conti.
Il secondo tabù riguarda una questione totalmente regalata alla Destra: l’identità nazionale. Si è confuso quello che è un senso di appartenenza, un sano orgoglio/amore per la propria terra, con il nazionalismo.
Abbiamo persino regalato il termine “sovranisti” a chi porterebbe il proprio paese alla rovina. Abbiamo dimenticato che i partigiani hanno lottato e sono morti per difendere la propria patria dallo straniero/invasore.
Basterebbe rileggere le intramontabili “lettere dei condannati a morte delle Resistenza” per capire come si può essere internazionalisti e, allo stesso tempo, difendere e amare la propria terra.
I partigiani, comunisti-cattolici-liberali, erano innanzitutto dei patrioti. Così come si possono definire dei nuovi partigiani coloro che si battono per salvare il proprio territorio dalla cementificazione, dalle grandi opere distruttive dell’ecosistema, del paesaggio, da progetti di invasione come il Tav o il Ponte sullo Stretto.
La creazione di una rete ecosolidale, preludio della formazione di un nuovo soggetto politico, è oggi non solo auspicabile ma necessaria perché affronta la sfida fondamentale del nostro tempo: come coniugare la giustizia sociale con la salvaguardia dell’ecosistema, la ridistribuzione del reddito e del lavoro (orario e qualità) con la conversione ecologica dell’economia, la difesa dei diritti dei ceti marginali con la tutela di tutte le forme di vita.
Per troppo tempo abbiamo vissuto una netta divisione tra chi si occupava unicamente della difesa dei diritti dei lavoratori e chi della tutela ambientale, tra chi predicava un conversione ecologica senza tener in debito conto delle conseguenze sull’occupazione e chi in nome della difesa dei posti di lavoro sminuiva i danni alla salute e all’ambiente.
Se la rete ecosolidale riuscirà a far marciare insieme ecologia e giustizia sociale allora potrà porsi come un punto di riferimento solido per le nuove generazioni, sarà legittimata a incarnare il futuro di questo paese, a rivendicare un’identità nazionale diversa dal passato.
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