La resistenza continua dell’attivismo americano
Mediattivismo Il breve fenomeno di Occupy Wall Street si è poi trasmesso ai Black Lives Matter, a Graeber e Greenwald
Mediattivismo Il breve fenomeno di Occupy Wall Street si è poi trasmesso ai Black Lives Matter, a Graeber e Greenwald
Il termine mediattivismo che occupava un posto privilegiato nelle conversazioni riguardanti la controcultura, sembra scomparso dalla dialettica e dalla pratica, definitivamente seppellito dal tramonto della stella morale di Assange, percepito sempre più vicino a Trump e sempre più lontano dall’etica.
In realtà le forme di mediattivismo sono semplicemente cambiate, spostandosi all’interno di un web che resta il contesto dove l’attivismo continua a dare origine a nuovi dispositivi di contestazione e di informazione. Un esempio è quello di Occupy Wall Street, e come un fenomeno durato 2 mesi, abbia risvegliato la consapevolezza collettiva riguardo la necessitá di un movimento anticapitalista, usando i social network.
La tweet boat, la nave dei tweet, era il collettivo di Ows che gestiva gli account social; gli incontri erano finalizzati ad insegnare a usare i social network come mezzo di coinvolgimento e partecipazione, ed è sempre lí che si è messo a punto un codice di linguaggio per un’altra forma di mediattivismo diventata fondamentale, quella del livestream.
Fino a quel momento la cronaca dei livestream era stata un flusso muto di immagini; quando gli occupiers hanno cominciato a documentare descrivendo quello che stavano riprendendo, dettagliando odori, sensazioni, questa è diventata la cifra del livestream che si è diffusa globalmente e che è stata in seguito trasmessa a un altro movimento, quello di Black Lives Matter, durante le proteste di Ferguson dove sono accorsi I livestreamer di Ows.
Una delle ragioni per cui Ows è stata tanto ideologicamente e fattivamente prolifica va ricercata nella presenza di, praticamente, tutta la storia dell’attivismo e mediattivismo americano (e non) che si è avvicendata nella piazza occupata per dare lezioni di resistenza e contro informazione, dal gruppo degli Yes Man all’antropologo David Graeber, creando delle radici di attivismo che affondavano fino a raggiungere il situazionismo e l’agit prop.
In questo contesto di reimpasto di movimenti non mancava la stella morale di Assange come divulgatore di informazioni che servivano a destabilizzare il sistema contro il quale tutti i movimenti si battevano.
La scelta di Wikileaks di assenza di alcun tipo di intervento editoriale nella diffusione del materiale pubblicato, nel 2013 si è contrapposta a quella operata da un altro esempio di nuovo attivismo, quello del giornalista Glenn Greenwald il quale per la mole di rivelazioni consegnatogli da Edward Snowden, ha deciso di pubblicarle avvalendosi dell’apporto internazionale di suoi colleghi.
Greenwood ha più volte affrontato questo argomento con Assange, pubblicamente su Twitter sostenendo la sua prassi con la preoccupazione fondata e circostanziata secondo cui l’assenza di editorialitá avrebbe potuto mettere a repentaglio vite umane, incluse quelle delle proprie fonti. Il fatto che questo dibattito si sia tenuto più volte su Twitter, mostra dove si sia spostata la piazza del dibattito.
Sempre su questa piazza, nel 2016, la stella morale di Assange è tramontata, per via del legame che lo ha avvicinato a Trump.
Tra Hillary Clinton ed Assange è sempre scorso un odio reciproco, quando Clinton era la Segretaria di Stato Usa, durante una riunione, tra il serio e il faceto propose di risolvere la “questione Assange” con i droni, e una sua elezione era vista dall’australiano come una catastrofe.
La diffusione da parte di Wikileaks, 3 giorni prima della convention democratica, di mail imbarazzanti per il partito opposto a Trump, senza alcuna rivelazione della stessa portata per il candidato tycoon, sembrò subito una presa di parte, preoccupante per la comunità hacker Usa che aveva invece subito indicato la pericolosità di un’eventuale presidenza Trump.
Mentre i democratici dicevano che le loro mailbox erano state razziate da gli hacker russi, Assange negava di averle ricevute da loro, ma la recente accusa del Dipartimento di Giustizia a 12 ufficiali dei servizi segreti militari russi lo ha smentito, e sembrerebbe proprio che Wikileaks (indicato come “Organizzazione 1” nell’atto di accusa) avrebbe ricevuto il materiale da Guccifer 2.0, entità direttamente controllata dalla Direzione Principale dell’Intelligence dello Stato Maggiore della Russia, nota come Gru.
La disillusione su Assange ha coinvolto buona parte della comunità hacker americana che ora, nonostante sostenga come sia sempre importante sostenere la sua causa e partecipare al lavoro investigativo su i documenti che Wikileaks pubblica, è altrettanto importante distanziarsi dall’approccio alla celebrità e alla visione cospirativa di Assange.
JULIAN ASSANGE PRIGIONIERO IN AMBASCIATA
Julian Assange è conosciuto come il padre di WikiLeaks, sito di informazione del quale è caporedattore e alla cui fondazione, nel 2007, ha collaborato. Il sito è un’organizzazione internazionale no profit che riceve in modo anonimo, e poi divulga senza operare scelte editoriali, documenti (governativi, aziendali) segreti, proteggendo l’identità degli informatori.
Nel corso degli anni Wikileaks ha reso pubblici documenti dalle «Procedure operative standard del Camp Delta» (sezione del carcere speciale di Guantanamo), i modus operandi di Scientology; mail dello staff dell’Unità di Ricerca sul Clima dell’Università dell’Anglia orientale, riguardo i tentativi degli scienziati di far sembrare la situazione climatica più grave di quanto già sia, fino ai crimini di guerra commessi dagli USA in Iraq, ai documenti del Pentagono per liberarsi di Wikileaks.
Nel 2010 Assange è stato accusato di stupro dal tribunale di Stoccolma per aver avuto rapporti sessuali non protetti, anche se consenzienti, con due donne, e di essersi in seguito rifiutato di sottoporsi a un test per le malattie sessualmente trasmissibili, condotte che per lo Stato scandinavo costituiscono reato.
La richiesta di estradizione alle autorità britanniche da parte della Svezia, finalizzata in realtà ad estradare Assange negli Usa dove vogliono processarlo per spionaggio e dove per questo rischierebbe la pena di morte, l’ha portato a rifugiarsi nel l’ambasciata dell’Ecuador a Londra, dove ha chiesto ed ottenuto asilo politico. Dal 19 giugno 2012 Assange vive in quell’ambasciata in quanto, se uscisse, il Regno Unito lo arresterebbe appena fuori dalla sede diplomatica per aver violato la libertà vigilata, per poi consegnarlo alla Svezia.
A metà novembre 2018 è involontariamente trapelata la notizia dell’esistenza negli USA di un’accusa sommaria contro Assange, il cui contenuto, nonostante la richiesta del Committee of Reporters for Freedom of the Press, non è stata divulgata; nel frattempo, con il cambio di governo in Ecuador, la permanenza di Assange nell’ambasciata ha cambiato aspetto e, anche se il nuovo presidente, Lenin Moreno, non si può sbarazzare di lui in quanto la Corte Interamericana ha sentenziato che l’Ecuador ha l’obbligo di garantirgli asilo, ha peggiorato le sue condizioni: da ottobre ad Assange è stato imposto un protocollo di rigide «regole di coesistenza» e da dicembre deve coprire le proprie spese di vitto e comunicazione.
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