La questione ostaggi pesa come un macigno su Netanyahu. E Hamas lo sa
Medio Oriente I negoziati sono già ripresi. «Pronti a replicare la pausa umanitaria», dice il presidente Herzog
Medio Oriente I negoziati sono già ripresi. «Pronti a replicare la pausa umanitaria», dice il presidente Herzog
Quando a inizio mese è saltata la tregua umanitaria con Hamas durata una settimana, il premier israeliano Netanyahu e gli altri membri del gabinetto di guerra, a cominciare dal ministro della difesa Yoav Gallant, con parole di fuoco hanno ribadito che l’unico obiettivo era e resta la «distruzione totale di Hamas». E messo ai margini la possibilità di tornare a negoziare nuovi scambi tra gli ostaggi israeliani nelle mani del movimento islamico e i prigionieri politici palestinesi.
Invece, come si era capito già dal giorno successivo all’attacco di Hamas il 7 ottobre, la questione degli ostaggi pesa come un macigno sulle spalle di Netanyahu e sul futuro delle offensive militari israeliane a Gaza. I sequestrati sono l’arma più potente nelle mani del movimento islamico per costringere Israele al cessate il fuoco e a liberare i prigionieri palestinesi, traguardi che consentirebbero ad Hamas di risultare «vincitore» della guerra agli occhi dell’intera popolazione palestinese. Il gabinetto di guerra israeliano, perciò, farà di tutto per impedire che Hamas possa conseguire questa vittoria.
Hamas gioca con abilità la carta degli ostaggi. Le immagini di tre anziani fra gli oltre 100 israeliani prigionieri a Gaza che ha diffuso due giorni fa, erano ieri su tutti i giornali israeliani. L’emozione suscitata dal video nell’opinione pubblica israeliana ha accresciuto la pressione sul governo Netanyahu – già in difficoltà per i tre ostaggi uccisi per errore la scorsa settimana dall’esercito – per arrivare a un nuovo scambio tra ostaggi e prigionieri palestinesi.
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Khaled el-Qaisi: «Interrogato 10 ore al giorno, legato alla sedia»I negoziati sono già ripresi. Il capo del Mossad israeliano David Barnea si è incontrato con il premier del Qatar Mohammed Al Thani e il capo della Cia per trovare una intesa con Hamas. Ieri è sceso in campo il capo di stato Isaac Herzog che ha affermato la disponibilità del suo paese per un’altra tregua temporanea. «Israele è pronto per un’altra pausa umanitaria e per ulteriori aiuti pur di consentire il rilascio degli ostaggi» ha detto il presidente incontrando oltre 80 ambasciatori. E ha ipotizzato un maggior ingresso di aiuti umanitari per la popolazione di Gaza.
Una delegazione di Hamas andrà al Cairo nei prossimi giorni per colloqui con alti funzionari dell’intelligence egiziana per discutere un nuovo potenziale accordo sugli ostaggi. L’Egitto sta esercitando forti pressioni su Hamas affinché accetti un accordo simile a quello che ha permesso la «pausa umanitaria» a fine novembre: liberare gli ostaggi in cambio di un certo numero di prigionieri.
Ma al movimento islamico occorre di più per raggiungere i suoi obiettivi. Vuole la scarcerazione di detenuti di primo piano e non più, come a novembre, di dozzine di adolescenti arrestati da Israele con accuse di poco conto.
Per i leader di Hamas all’estero gli ostaggi sono l’unica carta per imporre un cessate il fuoco generale. Quindi il rilascio dei sequestrati israeliani – in particolare donne, bambini e anziani – dovrà avvenire solo in cambio di una contropartita di eccezionale importanza, come la tregua definitiva, altrimenti Israele rinnoverà la sua offensiva alla scadenza dell’intesa. Da parte sua Israele dice di voler negoziare continuando la guerra e chiede la liberazione immediata delle donne ostaggio a Gaza che Hamas invece considera delle militari.
Netanyahu esclude, per ora categoricamente, la scarcerazione di capi e militanti di Hamas di alto rango, perché consapevole che ciò porterebbe alla caduta immediata del suo governo di estrema destra. Allo stesso tempo si diffondono voci di segno diverso. E sia pure contro la sua volontà, Netanyahu e il gabinetto di guerra potrebbero dare l’ok alla liberazione di detenuti anziani che hanno scontato gran parte della loro pena. Difficilmente anche Marwan Barghouti, il più popolare dei prigionieri politici palestinesi.
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