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La protezione internazionale si è inceppata

La protezione internazionale si è inceppata

Commenti Alcuni membri della commissione nazionale per il riconoscimento della protezione internazionale e delle commissioni territoriali per i richiedenti asilo hanno annunciato la loro adesione allo sciopero odierno

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 17 novembre 2023

Alcuni membri della commissione nazionale per il riconoscimento della protezione internazionale e delle commissioni territoriali per i richiedenti asilo hanno annunciato la loro adesione allo sciopero odierno. Si tratta di un’iniziativa importante, che mette in luce le difficoltà che riscontra quotidianamente chi opera nella macchina di gestione delle politiche migratorie.

Dall’inizio dell’anno sono arrivate in Italia, solo considerando la tratta del Mediterraneo centrale, quasi 150mila persone molte delle quali hanno presentato una richiesta di asilo. La commissione territoriale, in cui sono impiegati 200 funzionari, è proprio l’organo competente all’analisi di queste domande che, allo stato attuale, sta lavorando le migliaia di richieste presentate nel 2022. E, in alcuni contesti, stanno ancora vagliando quelle di due anni fa. Le criticità sollevate dagli impiegati che li portano oggi a scioperare, riguardano la carenza di personale, il costante aumento delle pratiche e la richiesta del ministero dell’Interno di valutarle con procedure accelerate.

Condizioni che incidono fortemente sulla qualità del lavoro e penalizzano le persone richiedenti protezione. Segnalano, inoltre, la mancanza di un supporto psicologico e la ridotta disponibilità di un servizio di mediazione culturale. Tutto ciò influisce sul funzionamento della commissione. Il ritmo rallentato impatta sull’andamento delle procedure di accoglienza, dal momento che la determinazione di uno status dà diritto a due percorsi differenti: in un caso è previsto l’accesso a un centro detto di «accoglienza straordinaria» e, nell’altro, a una struttura di «accoglienza e integrazione».

Per chi non ottiene alcuna forma di protezione non è prevista l’ospitalità, né provvisoria né a lungo termine. A quest’ultima categoria si aggiungono, purtroppo, le persone che non riescono neppure ad arrivare alla commissione per via dei tempi lunghissimi delle questure.

In quella di Roma, dalla presentazione della domanda, trascorrono anche quattro mesi per accedere alla compilazione del form chiamato C3, come segnala Giovanna Cavallo del forum Cambiare l’ordine delle cose. E aggiunge che sono tre i mesi per poter arrivare alla Commissione, e tra i sei e i dodici per ricevere il responso. Tempi confermati anche dall’avvocato Gennyfer Giardi del foro di Roma che ha in carico molte persone richiedenti asilo in città. Inoltre evidenzia come, fino alla formalizzazione, non venga rilasciato alcun documento ufficiale che darebbe diritto all’iscrizione al sistema sanitario, a quella anagrafica e alla firma di un eventuale contratto di lavoro: tutti servizi necessari a compiere un percorso di integrazione, come previsto dall’agenda europea 21-27 su questo tema. Insomma, un sistema che, nonostante sia in piedi da almeno tre lustri, non ha ancora ingranato perfettamente. A chi arriva in Italia, verrebbe proprio da dire, per citare Ken Loach intervistato oggi dal manifesto, «Sorry, we missed you».

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