Quattordicesima giornata di proteste in tutta la Francia – più di 200 cortei – contro la riforma delle pensioni. La partecipazione è stata in calo, ormai non solo la legge dei 64 anni è stata promulgata e domenica sono stati pubblicati i primi decreti di applicazione (tra cui quello che sancisce il passaggio dell’età pensionabile da 62 a 64 anni). La sequenza però non è proprio finita: giovedì c’è l’incognita dell’iter della proposta di legge all’Assemblée nationale del gruppo Liot (una ventina di deputati d’oltremare e centristi), che dopo essere già stata decapitata in commissione, rischia il rifiuto da parte della presidente, Yaël Braun-Pivet, perché non accettabile finanziariamente (aggraverebbe il bilancio dello stato di 15-18 miliardi, senza copertura, malgrado la proposta di aumentare le tasse sul tabacco). Poi, ci sarà il seguito, dopo la pausa estiva: sul tavolo, ci sono tutti i temi del lavoro, della vita dei salariati, del potere d’acquisto, dei salari che non seguono l’inflazione, della protezione sociale, delle leggi anti-sociali che si stanno accumulando. Ieri, i cortei avevano l’intenzione di fare pressione sui parlamentari, per evitare una diserzione giovedì.

Pochi gli scioperi ieri, alla punta solo l’aeroporto di Orly (30% dei voli annullati), con Rynanair che ha portato alla Commissione di Bruxelles una petizione firmata da più di un milione di persone contro gli scioperi in Francia. Qualche tensione, nel tardo pomeriggio, nel corteo parigino.

Laurent Berger, che è agli ultimi giorni alla testa della Cfdt, la sigla sindacale riformista, ammette che «la partita è finita», ma che ci sono altre battaglie da combattere. Per i manifestanti non scoraggiati, dei “semi” sono stati piantati per il futuro. L’Unsa, sindacato autonomo, pensa a raccogliere le firme per un Rip, referendum di iniziativa popolare, contro i 64 anni. Per Sylvie Binet, segretaria Cgt, la «lotta delle pensioni non è finita». Liot e la Nupes possono ripartire all’attacco in autunno, all’orizzonte c’è sempre la possibilità di una “mozione di censura” contro il governo. Per il momento, ci sono «le basse manovre» dell’esecutivo, afferma Binet: la riforma dei 64 anni non è mai stata votata dall’Assemblée nationale, c’è stato il ricorso all’articolo 49.3 (censura rovesciata) per evitare lo scrutinio, il 47.1 per accelerare la procedura, giovedì verrà utilizzato l’articolo 40 che permette di escludere una proposta di legge se non c’è copertura finanziaria. L’intersindacale, che ha funzionato per più di 5 mesi, rischia però di sfilacciarsi, ogni sindacato si concentra sulle proprie priorità, ci sono già stati incontri separati con la prima ministra, Elisabeth Borne.

Nella società, resta un sentimento diffuso di rancore. Emmanuel Macron cerca di recuperare consensi, girando dappertutto in Francia (ieri in Normandia, per la ricorrenza dello sbarco del 6 giugno 1944). Il presidente è risalito un po’ nei sondaggi, il governo si compiace per aver evitato un declassamento dall’agenzia di notazione Standard&Poors, che ha confermato il voto AA (ma con prospettiva negativa), a differenza di Fitch, che una decina di giorni fa aveva aggiunto un meno (AA-) alla classificazione del debito della Francia, che ormai sfiora i 3mila miliardi. S&P non ha penalizzato la Francia perché la politica è pro business. Un rapporto dell’Istituto di politiche pubbliche ha constatato ieri che i “miliardari” francesi pagano in percentuale meno tasse degli altri: contro un tasso del 46% per la maggioranza, lo 0,1% dei più ricchi versa solo il 26%.