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La polemica su Tridico è l’attacco all’Inps e al welfare universale

La polemica su Tridico è l’attacco all’Inps e al welfare universale

La manovra Un affiancamento del welfare contrattuale a quello universale, con una ulteriore riduzione del cuneo fiscale e ancora una defiscalizzazione degli aumenti salariali

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 1 ottobre 2020

Il Consiglio dei ministri di venerdì dovrebbe deliberare la Nota di Aggiornamento del Documento Economia e Finanziaria (Nadef). Non sarà un appuntamento come tutti gli altri perché nel Nadef dovrebbe delinearsi sia la manovra per il 2021, sia rilancio dell’economia legato a Next Generation. E le polemiche sull’Inps di Tridico, come il discorso del presidente di Confidustria, in apparenza lontane dall’orizzonte del Nadef, in realtà sono molto prossime.

Da un lato la comunicazione di Bonomi sottolinea che lo “lo Stato è chiamato a svolgere un ruolo da regolatore per incentivare lo sviluppo di mercati più estesi basati su maggior offerta e concorrenza, non su statalizzazioni esplicite o velate”, dall’altro il governo continua nella defiscalizzazione della quota di welfare contrattuale, nell’incentivo per il salario di produttività (cedolare secca al 10% fino al 3 mila euro di premio) e nell’ipotesi di detassare (integrale o al 10%) gli aumenti del contratto nazionale relative a una determinata soglia tabellare.

Unitamente a queste misure dovrebbero trovare spazio ulteriori misure (10 mld di euro) per la famiglia e il fisco (cuneo fiscale).
Le misure per lo sviluppo, quindi, sarebbero interamente legate ai fondi Next Generation e sono pari a 20 mld. Per strano che possa sembrare, le pur parziali informazioni sopra menzionate, permettono di delineare le grandezze della manovra economica. Il Pil dovrebbe calare del 9% nel 2020 e crescere del 7% nel 2021; l’indebitamento netto dovrebbe passare dal meno 11% del 2020 al meno 7% nel 2021; il debito pubblico sarebbe prossimo al 160% del PIL nel 2020 e nel tempo dovrebbe retrocedere al 150%.

Il primo aspetto è legato al fisco e all’impianto sotteso e, in questo caso, Tridico centra eccome. La riforma fiscale sarà ad entrate invariate nella migliore delle ipotesi, quando al Paese servirebbero almeno ulteriori 30 mld per far funzionare in modo dignitoso la macchina pubblica. Data la natura della riforma fiscale è difficile immaginare il rinnovamento dei quadri della pubblica amministrazione che ha una età media altissima rispetto alla media europea, mentre quella dell’Inps riesce ad essere financo più alta della media nazionale e con un personale ben al di sotto delle necessità dell’istituto.

Ciò potrebbe celare un progetto di affiancamento del welfare contrattuale rispetto a quello universale, a cui potrebbe financo aggiungersi una ulteriore riduzione del cuneo fiscale e ancora una defiscalizzazione degli aumenti salariali. In prima approssimazione, in discussione non è Tridico, piuttosto l’Inps come erogatore delle prestazioni previdenziali e solidaristiche legate alla Cassa Integrazione, disoccupazione e famiglia.

Ovviamente non è l’esito scontato del destino amaro e baro, ma potrebbe anche diventarle qualora il governo e il sindacato non si impegnassero a risolvere i problemi di struttura che costringono il Paese ad una crescita più bassa della media europea (meno 1%). Quello che non si comprende per altre misure necessarie.
Next Generation, fortunatamente, ha degli obbiettivi chiari e condivisibili, ma affidare lo sviluppo del Paese alle sole risorse di Next Generation è un po’ poco, tra le altre cose senza una analisi circa le differenze di struttura tra Italia ed Europa (prossima pubblicazione su Moneta e Credito). Inoltre, il rafforzamento della Sanità delineato dal ministro Speranza necessità di risorse aggiuntive che devono arrivare il più possibile dal fisco e solo a margine dal Mes qualora si volesse utilizzarlo. Diversamente la Sanità, nel tempo, sarebbe sempre sottofinanziata ed è una prospettiva non condivisibile.

Ovviamente abbiamo molti “cantieri” aperti e Next Generation obbliga-consiglia una certa programmazione, ma in tutti i documenti del governo le così dette partecipate pubbliche non sono mai considerate. Una dimenticanza? Forse si, ma citando Bonomi, se non riusciamo a governare la transizione del Paese non perde il presidente del consiglio, piuttosto il Paese. Queste imprese non preludono allo Stato Imprenditore, neologismo che personalmente non condivido, piuttosto alla necessità da parte dello Stato di presidiare i settori strategici e la conoscenza (ricerca e sviluppo) che le imprese private nazionali sono impossibilitate a fare data la loro specializzazione.

C’è tempo per affinare il Nadef, ma prima deve essere deciso cosa vogliamo fare da grandi.

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