La partita vera della Francia
Calcio Mbappé e Thuram, campioni della nazionale transalpina, agli Europei sono scesi in campo anche per sconfiggere il pericolo dell’estrema destra al potere. Lezione di calcio e democrazia
Calcio Mbappé e Thuram, campioni della nazionale transalpina, agli Europei sono scesi in campo anche per sconfiggere il pericolo dell’estrema destra al potere. Lezione di calcio e democrazia
Kylian Mbappé è uno dei giocatori più forti del pianeta. A dicembre compirà 26 anni e ha già vinto un titolo mondiale con la Francia. Il Real Madrid non poteva farselo sfuggire. La prossima stagione indosserà la maglia dei blancos, il club più vincente al mondo, e riceverà un ingaggio stratosferico.
È nato a Parigi, papà originario del Camerun, mamma algerina. Entrambi sportivi, nel calcio e nella pallavolo. Lui, semplicemente, è un francese cresciuto nella regione dell’Ile-de-France.
Velocissimo. Si dice che sui 30 metri possa raggiungere i 38 km/h. Noi appassionati di calcio non usiamo il cronometro quando lo vediamo giocare. Ci bastano le sue corse, la sua freschezza di idee, la sua tecnica, i suoi fantastici gol per viaggiare con lui nella pura bellezza. Impossibile trovare un detrattore, calcisticamente parlando, di un calciatore di tale forza.
MA MBAPPÈ HA OSATO esprimere i suoi pensieri all’indomani delle elezioni europee e della preoccupante avanzata della estrema destra francese. E non ha faticato a trovare i primi critici. E anche molto severi.
Cosa ha detto di così irritante Mbappé? Poco prima dell’esordio contro l’Austria in questi europei aveva dichiarato: «Ci sono priorità. La partita con l’Austria è importantissima, ma la situazione in Francia lo è ancora di più. Io sono contro gli estremismi. Abbiamo la possibilità di scegliere il futuro del nostro paese. È molto importante. Ho voglia di essere orgoglioso di portare questa maglia anche dopo il 7 luglio e di non rappresentare un Paese che non corrisponde ai miei valori».
Una netta presa di posizione contro il partito di Marine Le Pen che non nasconde affatto la sua ispirazione xenofoba e razzista. E soprattutto un invito ai francesi perché riflettano su un voto che vale, vale molto per il futuro del paese e per la sua capacità di continuare a credere nei valori della democrazia e nella lotta contro ogni discriminazione.
MARCUS THURAM è nato a Parma. Poteva essere italiano se avessimo avuto lo ius soli. È figlio di Lilian, che ha giocato a Parma e a Torino nella Juventus, che è impegnato nella lotta contro il razzismo, da calciatore e da intellettuale. Ha scritto 4 libri, è ambasciatore Unicef, ha replicato per le rime a Jean-Marie Le Pen – il padre di Marine – quando, nel 1998, si lamentava per la presenza eccessiva di calciatori afrodiscendenti nella nazionale francese. Per inciso, quella nazionale vinse i Mondiali proprio nel 98. Nel 2006 invitò alla partita tra Francia e Italia 80 persone espulse dal Ministro degli interni francese Sarkozy da un appartamento in cui vivevano «illegalmente».
I genitori hanno chiamato il loro ragazzo Marcus in onore dell’attivista dei diritti umani giamaicano Marcus Garvey. Tanto per chiarire il contesto familiare nel quale è cresciuto il giovane Thuram, 27 anni, neocampione d’Italia con l’Inter.
Anche Marcus, e prima di Mbappé, era stato molto chiaro: «Tutti a votare il 7 luglio per fermare l’avanzata dell’estrema destra in Francia».
COSA POTEVA RISPONDERE ai due nazionali francesi Jordan Bardella presidente del Rassemblament National? La cosa più banale, ovviamente: «Non accetto la morale da milionari che viaggiano in jet privato».
Ovviamente su questa scia si sono accodati in molti. E tra i molti non poteva mancare il Ministro italiano Salvini.
I calciatori, dunque, non dovrebbero avere diritto di pensiero o di parola. Sorprende come gli esponenti di destra non conoscano la storia del calcio. Potremmo ricordare loro, per esempio, la grande esperienza di democrazia che si consumò nel Corinthians durante la dittatura militare brasiliana. Quell’esperienza è passata alla storia come «Democrazia corinthiana». E il suo promotore fu uno dei più forti giocatori della storia del calcio, Socrates. In Italia lo ricordiamo con la maglia della Fiorentina. Da quel modello di gestione, non gerarchico ideato da Socrates, scaturì un vero e proprio movimento per la libertà che porto la squadra di San Paolo a scendere in campo con una maglia che invitava i brasiliani a votare («Dia 15 vote» – Il 15 vota) nel 1982 per dare il colpo di grazia ai fascisti e ai militari e riconquistare la libertà.
NEL MONDO SI CALCOLA che la platea di spettatori potenziali del calcio si aggiri intorno ai 4 miliardi e mezzo di individui. Intorno a loro si muove il mercato dei diritti televisivi. Pensate se il calcio, insieme ai colpi di tacco, ai dribbling, alle veroniche e ai sombreri riuscisse anche a veicolare messaggi: di pace, di giustizia sociale, democrazia, diritti, lotta contro ogni discriminazione. Potrebbe avviare la più grande rivoluzione pacifica della storia.
Per questo, in genere, si cerca di silenziarlo. Fa più comodo un calcio che nasconda la polvere sotto il tappeto ai paesi che violano i diritti umani, come il Qatar e l’Arabia saudita, e si renda complice dello sportwashing raccogliendo denaro senza temere di calpestare l’etica.
Kylian Mbappé salterà la prossima gara della Francia. Ha il setto nasale rotto. Infortunio di gioco. Tornerà in campo in quella successiva. Con una maschera protettiva. Solo per proteggersi il naso. Non ha bisogno di maschere di altro tipo. Lui dice quello che pensa. Con buona pace di tutti.
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