«Questa nuova normativa non è meno illegale o dannosa» del Titolo 42. Così si apre l’azione legale intentata dall’American Civil Liberties Union (Aclu) insieme ad altre associazioni all’amministrazione Biden, affinché venga bloccata la legge sull’immigrazione elaborata per rimpiazzare la norma “sanitaria” di epoca trumpista. E che «eliminerà a tutti gli effetti il diritto d’asilo per la quasi totalità dei richiedenti non messicani» che entrano negli Usa senza passare per i varchi di frontiera “legali”, e persino per coloro che si presentano a questi punti d’ingresso nel Paese senza aver prima ottenuto un appuntamento.

Appuntamento che secondo il governo statunitense andrebbe da ora in poi preso con un’app creata ad hoc: Cbp One, e solo a patto che i migranti in questione non abbiano attraversato un paese terzo nel loro viaggio verso gli Stati uniti. In quel caso devono aver fatto richiesta d’asilo in questi paesi di transito ed essersela vista rifiutare – si parla in sostanza di tutte le persone non messicane che si presentano al confine nella speranza di essere accolte negli Usa. Si tratta infatti di una norma che, nelle parole della causa, «cerca di resuscitare» due «asylum ban» risalenti al governo Trump, entrambi bloccati da delle corti di giustizia proprio in seguito alle cause legali intentate dall’Aclu, in quanto violavano tanto il diritto americano quanto quello internazionale.
L’effetto della direzione intrapresa da Biden sarà di negare l’asilo alla vasta maggioranza dei richiedenti «su basi che non hanno niente a che fare con i meriti della loro richiesta», è il commento della legale di Aclu, Katrina Eiland. Invece di cercare di ricostruire il sistema d’asilo fatto a pezzi da Trump, l’amministrazione Biden – ha aggiunto – «ha percorso la strada opposta e rinforzato quelle politiche crudeli».

Contro il nuovo regolamento si è scagliata anche Human Rights Watch: continua a «fare affidamento su una deterrenza fallimentare e letale» e condurrà a «interminabili abusi principalmente nei confronti dei migranti di colore», scrive la ricercatrice del confine Usa dell’associazione per i diritti umani Ari Sawyer. Tanto più che il sistema di riconoscimento facciale impiegato dall’app Cbp One ha un «inerente “pregiudizio” contro le persone dalla pelle più scura». È semplice capire come l’app non sia che uno specchietto per le allodole. Gli appuntamenti che si possono prendere sono solo una manciata ogni giorno, con il risultato che le persone si ritrovano ad aspettare per mesi prima di essere ricevute, vivendo intanto in situazioni di estremo pericolo. Dal 2019 della legge nota come Remain in Mexico e dal 2020 in cui è entrato in vigore il Titolo 42 «i richiedenti asilo in Messico – scrive Hrw – sono stati vittime di rapimenti, stupri, estorsioni e altri abusi da parte del crimine organizzato e di ufficiali messicani». Sono inoltre solo una minoranza i migranti in grado di accedere all’app: molti non si possono permettere uno smartphone, e ancor più non hanno accesso a internet – necessario per farla funzionare. La crudele ironia, osserva Eiland, è che verranno danneggiati proprio «i richiedenti asilo più vulnerabili di tutti».