Perù-Danimarca, in programma oggi alle 18, è la prima delle quattro partite del mondiale di calcio che si disputeranno a Saransk, capitale della Repubblica autonoma della Mordovia. La Mordovia Arena è uno stadio nuovo di zecca costruito con il lavoro di un esercito di migranti. Potrà contenere fino a 45 mila tifosi. Lo stadio sarà però una probabile cattedrale nel deserto, visto che la FC Mordovia naviga senza onore nella terza serie russa.

La Mordovia, per le vecchie generazioni, è immediatamente associata ai gulag. I gulag sovietici oggi sono stati ridenominati in Mordovia campi di prigionia per detenuti stranieri. Grazie ai giornalisti dell’Associated Press è possibile vedere in rete immagini e volti dei prigionieri, alcuni dei quali sono neri, rarissimi da incontrarsi nella Russia libera. In quelli che un tempo erano i gulag staliniani e oggi sono diventati, senza troppe trasformazioni strutturali, campi di prigionia per stranieri o per persone considerate pericolose per la sicurezza nazionale, vi sarebbero circa 15 mila carcerati. Negli anni scorsi vi è stata rinchiusa anche Nadya Tolokonnikova del gruppo delle Pussy Riot.

Condizioni di vita durissime che portarono Nadia a intraprendere un drammatico sciopero della fame. Lei denunciava torture, violenze, privazione del sonno e del cibo. Il gruppo artistico di strada Voina ha definito il campo come «il peggiore inferno di prigione che ci sia». L’ex presidente Medvedev aveva promesso di chiuderlo entro il 2020. Chissà se la competizione internazionale accelererà o meno questo percorso. Comunque la carcerazione assurda delle Pussy Riot ebbe l’effetto di sollecitare e ottenere qualche parziale miglioramento delle condizioni di reclusione.

In Mordovia Putin ha consensi quasi plebiscitari e forse ciò è alla base della scelta, altrimenti ben poco comprensibile, di farvi disputare ben quattro partite del mondiale russo. D’altronde in tutti i mondiali i rapporti tra politica, calcio e affari hanno condizionato la scelta delle città e degli stadi dove giocare.
I numeri dell’incarcerazione in Russia continuano a essere enormi, seppur in progressivo calo a partire dal 2000, quando erano oltre il milione. Motivi economici e controlli europei hanno prodotto un risultato di tipo deflativo. Secondo i dati dell’International Center for Prison Studies, risalenti a maggio scorso, i detenuti ristretti nelle carceri della Federazione Russa sarebbero oggi circa 600 mila, con un tasso di detenzione ancora elevatissimo, pari a 411 detenuti ogni 100 mila persone libere. Gli stranieri sono solo il 4,3% della popolazione detenuta.

La chiusura dei campi di prigionia collocati negli ex gulag favorirebbe una complessiva riduzione dei numeri. In attesa che ciò avvenga, sempre che mai accada, avrebbe avuto una straordinaria forza simbolica titolare la Mordovia Arena a Éduard Strel’cov, fortissimo centravanti della nazionale sovietica, campione olimpico a Melbourne nel 1956. Strel’cov era titolare della Torpedo Mosca. Rifiutò il trasferimento al Cska di Mosca (squadra dell’Armata Rossa) e alla Dinamo Mosca (squadra del ministero dell’Interno). Era troppo per l’epoca. Con un inganno venne ingiustamente accusato di stupro. In realtà pare che durante una festa si fosse limitato a insultare la figlia dell’unica esponente femminile del Politburo del Comitato centrale del Pcus.

 

Éduard Strel’cov

 

Scontò sette anni di lavori forzati in miniera in uno dei tanti gulag sovietici. Senza di lui la Russia nei mondiali del 1958 fu eliminata dai padroni di casa della Svezia nei quarti di finale con due goal del grande Hamrin e di Simonsson. Grazie a lui invece l’Urss tre anni prima aveva battuto proprio la Svezia in amichevole per ben 6 a 0. Strel’cov faceva la differenza in campo. La partita del 1955 contro la Svezia fu giocata il 26 giugno, che è anche la giornata dedicata dall’Onu alle vittime della tortura. Il Cile ha dedicato lo stadio di Santiago a Victor Jara, torturato dai fascisti di Pinochet. In questo Mondiale un ricordo lo merita anche Strel’cov, calciatore prigioniero suo malgrado, a cui è stato negato di segnare nei mondiali di sessant’anni fa. Mentre l’Urss perdeva contro la Svezia lui si ammalava di tumore nelle miniere siberiane, lì imprigionato forse per non avere voluto giocare nella squadra del potere, forse per avere detto una parola di troppo.