Visioni

«La mia Battaglia», un’affinità elettiva tra le macerie

«La mia Battaglia», un’affinità elettiva tra le macerieLetizia Battaglia e Franco Maresco

Intersezioni Nel suo primo libro Franco Maresco incontra la fotografa palermitana scomparsa un anno fa. Antimafia, disagio psichico, amicizia, politica e cinema, uno sguardo sull’Italia di oggi nelle parole dei due artisti. Un altro sodalizio, quello tra il regista e Franco Scaldati, in scena in questi giorni al Ridotto del Mercadante di Napoli

Pubblicato più di un anno faEdizione del 30 aprile 2023

È uscito per Il Saggiatore il primo libro di Franco Maresco, la voce più autoriale del cinema in Italia degli ultimi trent’anni, lui che prima in coppia con Daniele Ciprì e poi da solo ha dato vita a un mondo che vorremmo alieno ma che – ahinoi – è uno specchio del nostro, soltanto più bello, con una luce così intensa, lucida e carica di emozioni capace di trovare il riso e il dolore anche nelle nefandezze peggiori. Il titolo, La mia Battaglia, è lo stesso del breve film realizzato da Maresco nel 2016, la Battaglia in questione è Letizia, l’immensa fotografa palermitana scomparsa un anno fa.

Battaglia in una scena del film «La mafia non è più quella di una volta» (2019)

UN’OPERA che vuole rendere omaggio a un’amicizia e un’affinità elettiva, etica prima ancora che estetica, di due vite e due parabole artistiche, iniziate in momenti diversi, praticate con tecniche differenti, che si sono guardate e reciprocamente ammirate per anni per arrivare infine a incrociarsi. Al centro c’è sempre Palermo e la Sicilia dove Maresco e Battaglia si sono presentati negli anni ’70, Franco era ancora un ventenne e Letizia già madre e fotografa professionista per il giornale «L’ora», poi negli anni si sono sfiorati e incontrati più volte fino all’incontro del 2015 quando il regista ha accettato l’incarico di tessere un ritratto della fotografa per una mostra/omaggio al museo Maxxi di Roma. Da allora i due non si sono più lasciati, Letizia è protagonista dell’ultimo film firmato da Franco, La mafia non è più quella di una volta, presentato in concorso a Venezia nel 2019, e c’è anche nella scheggia di un film non ancora finito, che parte dall’amicizia con Goffredo Fofi per tornare a riflettere sulla Sicilia, presentata a Filmmaker Festival 2021 e ad oggi l’ultima proiezione pubblica di un lavoro di Maresco.

Il libro ripercorre nei capitoli le tappe principali dell’intenso rapporto degli ultimi anni: i primi due capitoli riprendono le due giornate di conversazioni per il film La mia Battaglia, segue un dialogo a partire da Franco Scaldati e il suo teatro (Letizia era tra gli intervistati del film di Maresco dedicato al «Sarto», Gli uomini di questa città io non li conosco del 2015), poi una parte intitolata Tu dov’eri quando con frammenti registrati a margine delle riprese di La mafia non è più quella di una volta che apre ad altri tre capitoli – con in mezzo una Piccola conversazione sul cinema – che ruotano intorno agli accadimenti degli ultimi trent’anni e al degrado socio-politico-culturale e umano che ne è scaturito in Italia e in Sicilia. I ruoli, in partenza, sono ben definiti: la fede progressista di Letizia si scontra con il pessimismo cosmico di Franco, la fiducia nell’essere umano e la speranza di lei contro la famigerata misantropia e l’apocalittica disperazione dell’altro, come nel breve estratto che segue.

Battaglia: «Io penso che tu mi voglia fare dire che non c’è speranza e io non posso… dimmelo che mi vuoi fare dire questo».
Maresco: «No, non te lo voglio far dire».
B.: «E tu che mi vuoi dire?»
M.: «Io voglio confrontarmi con te e cercare di capire. Forse noi due siamo complementari: tu coltivi la speranza mentre io la speranza l’ho quasi persa. Diciamo pure che io dubito con qualche residuo di speranza. E invece tu speri con qualche residuo di dubbio».

È UN LIBRO dialogico dal sapore antico, La mia Battaglia, come quelli che si facevano fino ai primi del secolo scorso, prima che cominciasse la riflessione sullo sfinimento della parola, anche l’introduzione è in forma d’intervista e in ogni pagina risuona la voce di Franco: il tono secco, ritmo incalzante, il punto di vista cinico segnato da uno humour nerissimo e ammantato da una disperazione addolcita dalla malinconia. Per la prima volta con la scrittura, Maresco torna a raccontare una storia di amicizia e di incontro, di condivisione di percorsi (difficile trovare una discussione più lucida e accorata sul disagio psichico) e di uno sguardo che ha raccontato il mondo attraverso Palermo, come già aveva fatto con il film dedicato a Franco Scaldati. Ancora una volta il regista di Io sono Tony Scott orchestra un duo, quello della coppia è un tema caro e ricorrente nei lavori di Franco, innamorato e praticante del comico, arte che spesso trova la sublime complementarità di due protagonisti. Anche il lungo sodalizio con Ciprì aveva trovato la sua narrazione specchiandosi nella storia di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia in Come inguaiammo il cinema italiano. Va sottolineato che se Ciprì e Maresco hanno inguaiato il cinema (e la TV) mettendone in evidenza e in crisi le stantie forme produttive quanto quelle estetiche, ridisegnando il concetto di «realtà», i canoni del comico quanto quelli del tragico, Maresco e Battaglia hanno, in pochi anni, inguaiato la Nazione tutta. Dallo Stato alla mafia, dalla politica all’arcobaleno di artisti sempre impegnati e «dalla parte giusta», fino all’antimafia e la società (sedicente) civile, Franco e Letizia mettono tutti alla berlina.

SE A QUALCUNO fossero sfuggiti i pensieri, per dirla alla Ciccio Mira, che c’erano in La mafia non è più quello di una volta – forse l’unica storia di cinema in Italia dove in seguito al successo veneziano c’è stata una gara di presa di distanza e abiura da parte di chi avrebbe dovuto «cavalcarne» l’uscita e la diffusione – li ritrova qui, stampati a chiare lettere, in capitoli intitolati Una trattativa su sfondo nero e La sagra del maiale. Ma Franco e Letizia non sono una coppia di impietosi giustizieri, il loro sguardo ha sempre un sentimento di sincero dolore e di «pietas», il punto di arrivo riguarda tutti, la conclusione è il proverbiale «siamo davvero pietosi»

. I due somigliano piuttosto a una coppia di Franco Scaldati, esseri ammantati di una luce antica e poetica che si muovono in un mondo a cui non appartengono più. Maresco e Battaglia come i due personaggi di Assassina – l’opera di Scaldati che, fino alla prossima domenica, Maresco (insieme a Claudia Uzzo) mette in scena al Ridotto del Mercadante a Napoli – hanno abitato lo stesso spazio per anni, hanno condiviso abitudini, prese di posizione e punti di vista, ma solo alla fine si sono incontrati. Un incontro che ha segnato entrambi gli artisti e che, grazie alla loro disperata vitalità, ci ha regalato in poco tempo parole e opere preziose, lucide quanto appassionate (e spassose).

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