Il 162esimo anniversario dell’Unità d’Italia, ieri, è arrivato il giorno dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri del ddl Calderoli sull’autonomia differenziata, in sostanza il via libera alla «secessione dei ricchi» entro l’anno. A Napoli il 17 marzo è stato «festeggiato» con centinaia di primi cittadini di ogni colore politico per l’iniziativa «Uniti e uguali» organizzata dalla rete dei sindaci di Recovery Sud. Al prefetto di Napoli hanno consegnato un documento in cui chiedono il ritiro del ddl Calderoli. Anci Campania e poi Anci Sardegna, Sicilia, Calabria e Basilicata hanno preso posizione contro l’autonomia. Un dato rilevante poiché, invece, in Conferenza delle Regioni i presidenti delle ultime quattro hanno dovuto dire sì, uniformandosi agli equilibri di centrodestra.

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L’Anci ha presentato al governo un documento in cui chiedeva modifiche sostanziali al ddl. Il giurista Massimo Villone, promotore della proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare per modificare gli articoli 116 e 117, ha tirato le somme: «In Cdm è passato il testo Calderoli che del documento Anci non ha tenuto alcun conto. Cosa scompare? I comini e il Parlamento, che sulla riforma può dare ‘pareri eventuali’ perché se non arrivano si va avanti lo stesso. Meloni non ha nel suo dna questa roba, però se avesse avuto la forza di fermare l’alleato leghista gli avrebbe impedito di arrivare in Cdm. Allora bisogna immettere una spinta, aprire la porta del Parlamento che Calderoli vuole chiudere». Raggiungere le 50mila firme consentirebbe alla legge di essere calendarizzata in Senato.

A Napoli c’era il sindaco di Bari, De Caro: «Bisogna superare la spesa storica, i diritti devono essere garantiti indipendentemente da dove nasci. Non è una questione di destra o di sinistra perché ero contrario quando nel 2018 il governo Gentiloni firmava le preintese con Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. L’autonomia l’ha fatta nascere il centrosinistra modificando nel 2001 il Titolo V». E il sindaco di Napoli, Manfredi: «La sfida è l’Europa, il Mediterraneo, i grandi scenari globali. Parlare di autonomie regionali, di frammentazione può essere un danno mortale per il Paese».

Alla manifestazione hanno aderito i sindaci di Bologna Lepore e di Pesaro, Matteo Ricci, presente anche come presidente di Ali – Autonomie locali italiane. Il Prc con Maurizio Acerbo («Sono a rischio, in tutta Italia, l’universalità dei diritti») e Unione popolare con Luigi de Magistris («Si vuole concentrare il potere economico, politico e normativo nelle mani di alcuni presidenti»). Il Pd era presente con entrambe le anime: quella dei bonacciniani e quella vicina a Schlein.

È la nuova segreteria dem che dovrà correggere il doppio errore: la modifica del titolo V e le preintese. Se il governatore De Luca dice: «Ci batteremo contro alcuni contenuti della bozza Calderoli». Peppe Provenzano scandisce: «Il nuovo corso Pd dice un no chiaro al progetto di Calderoli e Meloni di spaccare il paese, che si somma alla flat tax che porterà allo smantellamento dello stato sociale. Il ddl non si può emendare, va rigettato. Se c’è qualcosa da rivedere è il Titolo V: un errore nel merito, come ha dimostrato la Corte costituzionale, e sul piano politico inseguendo la destra sul suo terreno. Il Pd non lo farà più. Anche le preintese del governo Gentiloni sono state un errore».

La vicepresidente 5S del Senato, Mariolina Castellone: «I 200 miliardi del Pnrr li abbiamo avuti per colmare i divari, Pnrr e ddl Calderoli non si conciliano. L’autonomia non funziona, lo sappiamo dal 2001 quando la competenza della sanità è passata alla regioni e i divari sono aumentati. Lep: per garantirli secondo la Svimez servono 100 miliardi che non ci sono, l’unica soluzione è fissarli al ribasso, significa che non tutti accederanno ai servizi. Tanti consigli comunali hanno approvato atti in cui prendono le distanze dal ddl, lo faccia anche l’Emilia Romagna».