Le regioni accelerano, i comuni frenano: il braccio di ferro sull’autonomia differenziata va avanti. Ieri ad aprire i lavori è stata la Conferenza delle regioni: tra i mugugni del Sud, i presidenti di centrodestra hanno dato il via libera al ddl Calderoli. Solo 4 No dalle regioni di centrosinistra: Campania, Puglia, Emilia Romagna e Toscana. Il presidente di turno della Conferenza, Massimiliano Fedriga, ha provato a usare un tono conciliante: «Mi auguro che con il prosieguo del processo si possa trovare una ricomposizione con chi ha espresso parere contrario».

DA LOMBARDIA E VENETO toni di trionfo: «Finalmente il percorso per l’autonomia è partito, confidiamo che si possa arrivare presto a una risposta positiva» il commento del lombardo Fontana. E il veneto Zaia: «Parere favorevole a larghissima maggioranza, non è la secessione dei ricchi ma la volontà di dare modernità, efficienza e responsabilità al Paese». Cauto invece il forzista calabrese Occhiuto: «È l’avvio di un percorso non una cambiale in bianco, l’autonomia va bene a condizione che si superi la spesa storica e che si garantiscano i diritti sociali e civili, a prescindere dalla regione nella quale si vive».

A METTERSI DI TRAVERSO sono stati i comuni, in Conferenza unificata si sono presentati con una posizione comune affidata al presidente Anci Antonio Decaro: «Ci sono questioni che devono essere chiarite e ci sono punti che devono essere totalmente rivisti. Il documento presentato raccoglie le preoccupazioni sull’individuazione e finanziamento dei Livelli essenziali di prestazione e su un processo che prevede la devoluzione alle regioni di funzioni non solo legislative ma anche amministrative e gestionali, senza tenere conto dei comuni». Al governo è stato consegnato un documento molto preciso con analisi, proposte e richieste di emendamenti ma il punto non è limare il testo del ddl ma sfidare sul piano politico l’esecutivo rispetto a un impianto che i comuni (di tutti i colori politici) rimandano indietro.

CALDEROLI non ha fatto una piega: «C’è il via libera della Conferenza unificata, un ulteriore passo avanti. Contiamo di presentare il testo al prossimo Consiglio dei ministri per la definitiva approvazione». E ancora: «Le proposte emendative di Anci e Upi (l’Unione delle province ndr) verranno portate in pre Consiglio per una valutazione del loro inserimento nel ddl definitivo. Ulteriori proposte potranno essere presentate in Parlamento». Duro l’ex ministro Pd delle Regioni (che pure aveva lavorato all’autonomia differenziata) Boccia: «Si è consumato un ennesimo grave strappo istituzionale che Calderoli tenta di coprire falsificando anche la comunicazione pubblica parlando di approvazione. Non c’è alcuna ‘intesa’. Su un provvedimento così delicato per la vita del Paese, il governo Meloni ha deciso di andare avanti a testa bassa». E il governatore dell’Emilia Romagna Bonaccini (che pure ha firmato uno dei tre preaccordi segreti sull’autonomia con Lombardia e Veneto): «Avevamo chiesto il ritiro del testo per trovare un accordo con tutte le regioni, le province e i comuni ma si è preferito rompere il fronte istituzionale. Un altro passo falso del governo».

SUL PIEDE DI GUERRA la Puglia con Emiliano: «Questo disegno di legge delega è inaccettabile nel metodo e nel contenuto. Bisognava prima passare da una definizione dei Lep e pianificare la perequazione infrastrutturale tra Nord e Sud. Ne abbiamo chiesto il ritiro. C’è una continua accelerazione su un processo del quale non si conosce l’esito. Si rischia di stritolare tutti i comuni sotto il peso di regioni che diventeranno onnipotenti». Il campano De Luca: «L’autonomia differenziata significa la morte del Sud».

NICOLA RICCI, segretario generale della Cgil Campania: «La Costituzione indica un punto di equilibrio tra gestione dei territori, risorse e funzioni con lo Stato a garanzia dell’unità del paese. Con il ddl Calderoli tutto questo salta. Nella relazione di accompagnamento al disegno di legge, al capitolo coesione, si dice che una parte consistente dei tributi locali deve essere trattenuta sul territorio. Vogliono trattenere i tributi lasciando però all’erario il debito per i loro servizi e infrastrutture, un doppio peso sul Mezzogiorno».

E ANCORA: «Già adesso attraverso gratifiche e premi c’è una migrazione di forza lavoro soprattutto qualificata verso il Nord, con i contratti regionali scomparirà il contratto nazionale. Non è una buona notizia neppure per i lavoratori del Nord: se l’Italia si divide e si perdono gli asset del Mezzogiorno, diventeranno il sud della Germania e dell’Europa. A causa degli scenari innescati dalla guerra in Ucraina, la Germania sta rafforzando il suo sistema produttivo, il distretto industriale del Nord diventerà dipendente più di oggi da loro e in una posizione più subalterna visti i rapporti di forza». Infine: «Dal congresso di Rimini uscirà una proposta forte sul tema, candidiamo Napoli come sede di un’iniziativa nazionale. Non servono piccole patrie ma la lotta alle diseguaglianze».