Le sirene hanno risuonato ieri a mezzogiorno nei 36mila comuni di Francia, l’Associazione dei sindaci aveva lanciato un appello per una «mobilitazione civica» e per «un ritorno all’ordine repubblicano», dopo le cinque notti di rivolta, dove dei giovanissimi, praticamente tutti maschi, hanno preso di mira più di mille edifici pubblici, dai municipi alle biblioteche, alle strutture comunali sportive e culturali.

I SIT-IN più importanti di fronte ai municipi dove i sindaci sono stati vittime di violenze personali, condannate ieri anche dal Consiglio d’Europa: Charly (vicino a Lione), Pontoise, due comuni dell’agglomerazione di Tours, Mont Luçon, Carleville-Mézières, e molti altri comuni, ma soprattutto a Haÿ-les-Roses, una cittadina della corona parigina, dove la villetta in cui vive il sindaco è stata presa d’assalto nella notte di sabato con un tentativo di appiccare il fuoco, mentre la moglie è fuggita per proteggere i due bambini piccoli ed è rimasta ferita.

Degli «assassini», pieni di «odio», per il sindaco, Vincent Jeanbrun (Les Républicains), che ha guidato una marcia nella cittadina a cui ha partecipato la leadership della destra dei Républicains: Valérie Pécresse, presidente della regione Ile-de-France, il segretario Eric Ciotti, il presidente del Senato, Gérard Larcher. Jeanbrun ha denunciato «violenze degne di una guerra civile», ha condannato «una furia selvaggia contro tutto ciò che la Repubblica rappresenta». Più di un migliaio i partecipanti, definiti dal sindaco «maggioranza silenziosa», ha scandito: «Basta, basta».

Ieri sera, per la sesta notte dall’inizio della rivolta, sono ancora stati schierati 45mila poliziotti e gendarmi, nella speranza di una conferma del calo delle violenze, registrata domenica. Per Emmanuel Macron e il governo, il primo obiettivo è mettere fine ai disordini e parare il rischio di autoproclamate “milizie” di autodifesa (due arresti ieri a Lione di individui di estrema destra armati).

LA DESTRA e l’estrema destra vanno all’attacco, con l’accusa di incompetenza e lassismo. La prima ministra, Elisabeth Borne, per cercare un’unità nazionale, ha ricevuto ieri tutti i capigruppo dei partiti al Parlamento (ma Marine Le Pen, che pretende di essere ricevuta all’Eliseo, si è fatta rappresentare da Sébastien Chenu). Macron, che oggi riceverà all’Eliseo i 220 sindaci vittime di violenze, personali o sugli edifici pubblici, ieri ha incontrato i presidenti del Senato e dell’Assemblée Nationale. Quest’ultima, Yaël Braun-Pivet, invita a un «discorso sfumato», a «entrare nella complessità delle cose»: «Non bisogna confondere la rivolta, che può essere legittima dopo il dramma che ha avuto luogo e le violenze che non hanno nulla a che vedere» con la morte di Nahel. Per Braun-Pivet, «collettivamente dobbiamo avere una vera presa di coscienza», perché «non è vero che la politica delle città è stata lasciata all’abbandono». Nelle banlieues, le popolazioni cambiano – chi se la cava si allontana dalle cités difficili – mentre i nuovi venuti riportano a zero tutti i problemi.

LA VIOLENZA della rivolta sta scavando un fossato tra i membri della Nupes. Le polemiche sono continuate ieri, c’è malessere nei confronti del leader della France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, che afferma che «sono i poveri che si sollevano» e rifiuta di fare un appello alla calma. Dopo la presa di distanza del segretario Fabien Roussel sabato, ieri al Pcf sono state usate parole pesanti: «È pazzo», Mélenchon «allontana la sinistra dal potere» (tanto più che nel 2012 aveva definito i violenti di allora «cretini» e «buffoni della società capitalista»). Al Ps, il segretario Olivier Faure ha espresso «un profondo malessere» verso l’idea che «tutto quello si muove è rosso», c’è un errore di analisi che trasforma la sinistra della sinistra in un «avvocato del disordine», senza tener conto della complessità della situazione. I Verdi premono per un de-escalation e definiscono «inqualificabile» l’attacco a Haÿ-les-Roses.

POLEMICA anche sulla “colletta” online a favore del poliziotto che ha ucciso Nahel e che resta in carcere preventivo: un polemista di estrema destra, Jean Messiha, ha raccolto più di un milione di euro (mentre la colletta per la madre di Nahel non è arrivata a 200mila). Il crowdfunding per il poliziotto legalmente potrebbe venire annullato (come era successo per un gilet giallo). Clémence Guétté, deputata France Insoumise, parla di «indecenza», l’eurodeputata Manon Aubry si chiede: «Il messaggio? Si guadagna a uccidere un giovane arabo».

Il ministero degli Interni ha comunicato i dati dei danni delle 5 notti di fuoco, mentre i commercianti hanno ottenuto i primi finanziamenti: 5mila auto bruciate, mille edifici pubblici danneggiati, 250 commissariati presi di mira, oltre a migliaia di commerci svaligiati. In Polonia, il Pis ha pubblicato un video con la Francia a fuoco e Varsavia bucolica: «È la politica di immigrazione incontrollata che vogliono imporci», ha commentato il primo ministro Morawiecki.