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La luce sinistra delle miche sui bambini-minatori

La luce sinistra delle miche sui bambini-minatoriIndia, stato di Jarkhand, al lavoro in una miniera illegale di mica – Afp (via Getty Images)

L’estrazione criminale dei minerali usati per cosmetici e batterie Dall’India al Madagascar, lo sfruttamento dei minori e i rischi per la loro salute nella mappatura di Terres des Hommes. I ragazzi dai 14 ai 17 anni scavano il minerale, i più giovani, dai 7 ai 10, lo portano fuori dai tunnel, le bambine puliscono e dividono le miche estratte

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 12 gennaio 2023

Rossetti, fard, fondotinta e ombretti, ma anche vernici per macchine, chip di elettrodomestici, telefonini e batterie. Cosa accomuna tutti questi prodotti? Un gruppo di minerali, le miche, appartenenti alla sottoclasse dei fillosilicati, che hanno il pregio di donare lucentezza agli oggetti o persone su cui si applicano. La loro capacità di rifrangere la luce, di resistere alle alte temperature e di essere ottimi conduttori, ha reso questi minerali imprescindibili per l’industria cosmetica e non solo.

La luce si spegne, però, quando si tratta di capire da dove proviene. Nel 2016 la ong Terre des Hommes ha condotto un indagine sulla produzione di questo minerale. I risultati di questa ricerca hanno messo in luce che l’estrazione della mica avviene in diverse miniere informali negli stati indiani del Bihar e del Jharkhand. Il 70% di queste miniere è gestito in modo illegale da organizzazioni criminali, che sfruttano il lavoro minorile, ma anche da minatori informali che scavano in cerca della mica per riuscire a mettere un pasto sulla tavola delle loro famiglie. I dati prodotti da Terre des hommes dicono che quasi 22mila bambini lavorano nelle miniere indiane. Gli stati dove si estrae la mica in India sono tra le regioni più povere del mondo e presentano tassi di analfabetismo e disoccupazione estremamente alti. Il lavoro nelle miniere, poi, provoca dei seri danni alla salute degli operai: respirare le particelle fini di questo minerale può provocare patologie respiratorie come asma, silicosi e tubercolosi. La natura illegale delle miniere, scavate senza il supporto di ingegneri e mezzi adatti, rendono la loro sicurezza strutturale praticamente nulla, portando a molti crolli.

Ma l’India soddisfa solo un quarto del fabbisogno mondiale di mica, da dove proviene il resto? Terre des Hommes è andata avanti nella sua ricerca e nel 2018 è riuscita a mappare le sedi di estrazione della mica nel mondo. In un rapporto del 2019 l’attenzione si è spostata sull’altro grande produttore globale: il Madagascar. Metà dei minatori adibiti all’estrazione della mica in Madagascar, sempre secondo Terre des Hommes, hanno un’età compresa tra i 7 e i 17 anni. «La condizione in cui si trova la popolazione malgascia in queste zone è drasticamente peggiore rispetto alle regioni indiane del Bihar e del Jharkhand», dice la capo progetto di Terre des Hommes Olanda Maggie de Jongh-Abebe. Come in India, nella grande isola africana i bambini sono sfruttati nelle miniere tutto il giorno senza possibilità di riposo se non qualche minuto sdraiati in fosse scavate intorno. L’accesso all’acqua nei siti di estrazione è praticamente inesistente: «C’è solo un rubinetto, dal quale esce acqua salmastra» racconta Maggie.

I piccoli operai lavorano senza alcun genere di protezione, né mascherine né guanti, con il risultato di graffii ed escoriazioni dovute allo sbriciolamento del minerale a mani nude. Nelle miniere malgasce «le bambine che raccolgono le miche estratte, le puliscono e le dividono, invece i ragazzi più grandi, dai 14 ai 17 anni, scavano in buchi profondi anche 150 metri e i più giovani, dai 7 ai 10 anni, portano il minerale fuori dai tunnel» racconta la capo progetto. Questo lavoro pericoloso viene pagato ai piccoli lavoratori solo 2 centesimi al chilo, mentre per i loro coetanei in India la paga è di 11 centesimi al chilo. A differenza del sub-continente asiatico, in Madagascar, la maggior parte delle miniere sono di proprietà di compagnie che detengono le concessioni estrattive nel sud del territorio malgascio, dove si concentrano le fasce sociali più povere dell’isola. Nei tre siti principali l’ong ha contato quasi 23mila minatori di cui la metà bambini tra i 7 e i 17 anni. Il Madagascar è il terzo esportatore mondiale di mica, superando anche l’India: le esportazioni aumentano dal 2008, ma il prezzo a tonnellata della mica si è abbassato, il che porta a un maggiore sfruttamento dei lavoratori.

L’87% del minerale estratto dalle miniere malgasce viene trasportato in Cina e usato nelle fabbriche di grandi produttori di materiali elettronici e di cosmetici. «Quando le compagnie malgasce hanno provato ad aumentare il prezzo di vendita, la Cina si è rifiutata di acquistarla» dice de Jongh-Abebe, spiega come la pressione della Cina sul prezzo renda il lavoro in miniera talmente poco retributivo che costringe le famiglie a impegnare nell’attività mineraria anche i minori.

 

In Madagascar anche per la ricerca dell’oro, come in questo caso sui monti intorno a Ankavandra, vengono impiegate giovanissime costrette ad abbandonare la scuola per aiutare la famiglia (foto Ap)

 

Le compagnie che si occupano dell’estrazione della mica in Madagascar sono consapevoli di ciò che succede nelle miniere, ma non hanno fondi sufficienti per cambiare l’ordine delle cose. Ultimamente, poi, si è creato una specie di monopolio di 4-5 compagnie legate a società cinesi: «Sono poche le compagnie di estrazione malgasce, ma molte hanno proprietari malgasci di facciata perché la vera proprietà è cinese. Così le compagnie cinesi possono stabilire il prezzo del minerale, prendendo enormi quantità di mica a prezzi estremamente bassi» dice la capo progetto di Terre des Hommes. Molta della mica estratta però non si ferma nei paesi del sud-est asiatico ma va verso le industrie di cosmetici, di automobili e hi-tech europee e americane. Terre des Hommes ha chiesto a questi produttori di verificare la provenienza della mica: solo in questo modo si estinguerà lo sfruttamento minorile. «Noi lavoriamo con molte delle più grandi case automobilistiche e con le grandi aziende che producono cosmetici per contrastare lo sfruttamento minorile nelle miniere di mica», continua de Jongh-Abebe, sottolineando però «quanto sia più difficile riuscire a creare un dialogo con le aziende che si occupano di elettronica».

La mica è un materiale fondamentale per la transizione energetica, basti pensare che nella batteria di una macchina elettrica ci sono 10 chili di mica, ma anche i pannelli solari hanno una enorme quantità di mica nei loro specchi. Data la sua importanza per un futuro sostenibile, il commercio di questo materiale crescerà sempre di più, e affinché l’impiego di minori nelle miniere diminuisca, il prezzo del minerale dovrebbe salire di 4-5 volte rispetto ad oggi. Questo aumento del prezzo della mica però non creerebbe un aumento nel prezzo del prodotto finale, come rossetti, telefoni o batterie, che vedrebbero un aumento dello 0,1% «è quindi una sofferenza non necessaria, nemmeno per tenere bassi i prezzi, quella a cui sono sottoposti famiglie e bambini».

Nel mondo i dati riguardo lo sfruttamento del lavoro minorile sono preoccupanti e gettano luce sulla enorme diversificazione dei lavori che i bambini sono costretti a fare. Non solo nel campo estrattivo, ma anche in contesti agricoli, nella cura della casa e della famiglia i bambini sono vessati da grandi carichi di lavoro mal pagato o gratuito, in condizioni pericolose per la loro salute.

La salute si aggiunge a tutta un’altra serie di problemi sociali, come lo sradicamento dei giovani dalle scuole. Sono 160milioni i bambini lavoratori nel mondo, come riporta l’ultimo report dell’Unicef, e 79milioni di questi giovani e giovanissimi svolgono lavori pericolosi per la loro salute fisica, sociale e mentale: più di un terzo di questi 160milioni di bambini hanno abbandonato la scuola. Se nel sud-est asiatico il numero dei bambini sfruttati dal 2008 è in calo, rimane comunque stabile a 48,7milioni di minori lavoratori. Nell’Africa sub-sahariana dal 2008 al 2021 i bambini sfruttati, invece, sono aumentati passando da 65milioni a 86,6milioni, attestando la regione africana come quella con il più alto numero di bambini lavoratori.

Il report dell’agenzia dell’Onu prevede per i prossimi anni e indica che se le politiche volte alla salvaguardia dei minori non dovessero cambiare e la situazione economica globale peggiorare, alla fine di quest’anno si arriverebbe a 168,9 milioni di minori sfruttati nel mondo. Le previsioni peggiorano se, come sembra, il cambiamento climatico continuerà a vele spiegate creando le condizioni per un aumento vertiginoso della povertà globale e aumentando la difficoltà del controllo sulla salute dei minori: in questo scenario 206,2milioni sarà il numero dei bambini sfruttati nel mondo.

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