Europa

«La Linke ha fallito, ora serve più che un nuovo inizio»

«La Linke ha fallito, ora serve più che un nuovo inizio»Davanti alla Karl-Liebknecht-Haus, a Berlino, il giorno dopo le elezioni del Bundestag; in basso Horst Kahrs – Ap

Germania Il crollo della Sinistra alle elezioni tedesche secondo Horst Kahrs, dell’Istituto di Analisi Sociale della Fondazione Rosa Luxemburg: «Perché mai un elettore dell’Est avrebbe dovuto appoggiare la richiesta del salario minimo di 13 euro della Linke quando i 12 promessi da Scholz gli davano già l’aumento di oltre il 25%?»

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 5 ottobre 2021

Horst Kahrs, classe 1959, esperto dell’Istituto di Analisi Sociale della “Fondazione Rosa Luxemburg”, da sempre è il più autorevole interprete dei risultati elettorali della Linke. Al manifesto spiega le ragioni del crollo del più grande partito europeo di sinistra alle urne del 26 settembre, mettendo in luce le ombre visibili da almeno un decennio e facendo capire come, al di là dello slogan dei co-segretari, «la Linke ha bisogno di più che un nuovo inizio».

La conta finale dei voti parla da sola. Ma come si “spiega” il risultato della Linke?

Si tratta di un esito catastrofico, senza se e senza ma. Lontana dall’obiettivo della doppia cifra e della possibile partecipazione al governo, la Linke ha fallito anche la soglia di ammissione al Bundestag raccogliendo il 4,9%. Vuol dire oltre 2 milioni di voti persi, quasi la metà degli elettori del 2017. Metà del consenso è andato a Spd e Verdi e solo grazie a una clausola della legge elettorale la Linke è ancora rappresentata in Parlamento con 39 deputati dopo aver vinto il mandato diretto in tre circoscrizioni a Lipsia e Berlino-Est. Per inciso, la cattiva performance riguarda tutta la Germania: all’Ovest il partito è sceso sotto il 5% mentre nei cinque Land dell’Est, roccaforti della sinistra per molti anni, la media è risultata sotto al 10%.

Come si è arrivati al crollo generale?

A causa di alcune debolezze tattiche. L’indicazione iniziale di «votare la Cdu fuori dal governo» dando il voto alla Linke ha perso effetto quando le maggioranze con Fdp o Spd e i Verdi senza la Cdu-Csu sono apparse evidenti. Allora è seguita l’oscillazione verso la linea «Linke invece di Lindner» come partner con Spd e Verdi, nonostante i sondaggi non indicassero che la Linke potesse superare Fdp e impedire la maggioranza rosso-verde-gialla.

Il “programma immediato” introdotto a fine campagna elettorale ha poi evidenziato punti condivisi in larga parte da Spd e Verdi. Perché mai un elettore della Germania dell’Est avrebbe dovuto appoggiare la richiesta del salario minimo di 13 euro della Linke quando i 12 promessi da Scholz gli davano già l’aumento di oltre il 25%?

In più è stato chiaro che la Linke era tutt’altro che preparata alla partecipazione al governo. Con il voto sull’Afghanistan – con l’astensione a maggioranza del Gruppo parlamentare – è passata la narrazione esterna che la Sinistra non sarebbe stata a favore dell’evacuazione da Kabul delle persone minacciate dai talebani per ragioni di politica identitaria. Ma l’infermiera a cui la Linke prometteva di alzare lo stipendio non si è forse chiesta se, nel dubbio, anche questa istanza non sarebbe stata sacrificata alla politica identitaria? La promozione della Linke al governo basata sull’argomento che le persone che rappresenta necessitano di miglioramenti “adesso” e non dopo un cambiamento di sistema è stata minata.

Ha giocato un ruolo negativo anche la pandemia?

Sì, ma ci sono state anche debolezze strategiche. Di certo la pandemia non ha consentito alla Linke di rinnovare la leadership in tempo per le elezioni lasciando ai nuovi segretari poco tempo per impostare i loro accenti positivi su contenuto e forma. E il libro di Sahra Wagenknecht pubblicato in aprile (I presuntuosi) ha riportato sotto i riflettori pubblici e nel partito la discordia interna così come le sconfitte di marzo e giugno alle elezioni in Sassonia-Anhalt, Renania-Palatinato e Baden-Württemberg hanno evidenziato il dilemma già centrale prima del voto federale: fin dal 2012 non ci si poteva aspettare alcun afflusso di elettori dalla Spd e il tentativo di convincere gli elettori dei Verdi a votare Linke con richieste di politica climatica più “coerenti” non appariva redditizio. Ma si è rivelata precaria anche la conquista del consenso dei «giovani degli ambienti urbani» perché con il «dibattito Wagenknecht» era poco chiaro chi parlava per il partito. Vista l’età dei sostenitori, l’appello ai giovani elettori era una promessa per il futuro ma non una garanzia per il presente.

Ha parlato di debolezze strategiche. Quali sono esattamente?

Per risolvere i problemi la Linke avrebbe dovuto svilupparsi di più ma non è stato possibile perché da tempo nel partito c’è un blocco fra tre “campi”. Ciò ha fatto sì che la campagna elettorale si concentrasse sul core-business della richiesta di giustizia sociale comune a tutte le correnti. In sostanza, però, dal 2012 la Linke si trova di fronte al compito di sviluppare una strategia capace di chiarire il ruolo che la massimizzazione di voti e/o il potere di contrattazione politica dovrebbero giocare a medio termine, cioè con quali promesse elettorali si dovrebbe realizzare il guadagno di voti sul terreno dei partiti concorrenti.

Nella Linke non manca questa riflessione, ma finora non c’è stato un centro strategico in grado di riunire i principali esponenti dietro alla strategia per convincere gli elettori nel lungo periodo, dando credibilità ai punti programmatici.

È uno dei fallimenti del partito che non ha sviluppato l’obiettivo strategico dell’auto-comprensione sulle idee di giustizia e i concetti socio-politici che dovrebbero portare il socialismo democratico del XXI secolo. Con quale comprensione democratica dello Stato la Linke entra in competizione nel campo dei partiti democratici? Di fronte alla trasformazione socio-ecologica e digitale quali sono le basi dello stato sociale, il suo finanziamento, l’economia politica del lavoro? Come vedono i socialisti democratici il ruolo della Germania nel mondo? E come diventa possibile la cooperazione internazionale sulle grandi questioni planetarie? Infine, tutto ciò include anche i lavoratori a basso reddito che ricevono un trattamento ingiusto nella distribuzione della ricchezza e pure, nel senso marxiano, chi lavora in prima linea nello sviluppo delle moderne forze produttive di scienza e tecnologia per rendere tale lavoro utile al benessere dell’umanità?

Le risposte della Linke finora non restituiscono un racconto coerente di dove vuole andare e cosa intende fare con la società. E abbiamo dovuto imparare che in assenza di tale narrazione un partito rimane bloccato nella trappola dell’assertività.

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