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La legge Omnibus si è inceppata, Milei furioso: «Bestie»

La legge Omnibus si è inceppata, Milei furioso: «Bestie»Buenos Aires, la protesta contro le "Ley Omnibus" continuata ieri di fronte al Congresso – Ap

Argentina Il provvedimento a cui il presidente tiene di più torna in commissione. E lui attacca governatori e deputati della cosiddetta opposizione dialogante

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 8 febbraio 2024

Da Israele, dove ha reso omaggio al governo Netanyahu promettendo di spostare l’ambasciata argentina a Gerusalemme e ricevendo in cambio un’accoglienza da star, il “loco” Milei ha reagito con furia alla prima grande sconfitta del suo governo. Dopo il ritiro della legge Omnibus e il suo ritorno in commissione, il presidente ha lanciato attacchi rabbiosi contro i governatori e i deputati della cosiddetta opposizione dialogante, accusandoli – con tanto di lista dei «traditori» – di essere «un gruppo di delinquenti», «ricattatori» e «bestie» determinati a rendere l’Argentina un paese peggiore. E distribuendo like ai post sul tradimento che «si paga caro», i peronisti «pedofili» e i radicali «puttane del peronismo».

LA «CASTA», HA DICHIARATO MILEI usando la sua parola preferita – malgrado le misure finora adottate siano tutte al suo servizio – si è opposta al cambiamento che gli argentini hanno votato alle urne», rifiutandosi di «cedere i suoi privilegi». È per questo che «ho dato l’ordine di ritirare il progetto», ha affermato nella conferenza stampa tenuta dopo la riunione con Netanyahu.

Milei al Muro del Pianto (Ap)

Appena cinque giorni prima, Milei aveva celebrato il via libera della Camera dei Deputati al testo in generale, con 144 voti favorevoli e 109 contrari, dopo 30 ore di dibattito parlamentare e sfiancanti trattative che avevano praticamente dimezzato il progetto di legge, riducendolo a 386 articoli rispetto ai 664 iniziali. È sull’esame articolo per articolo che è però naufragata la legge Omnibus, a partire da quello che, insieme alle privatizzazioni, era il suo nucleo centrale: i cosiddetti superpoteri richiesti dal presidente attraverso la dichiarazione di emergenza pubblica in materia economica, finanziaria, di sicurezza, tariffaria, energetica e amministrativa, ossia le facoltà legislative straordinarie che gli avrebbero permesso di intervenire su gran parte della vita della popolazione argentina senza necessità di passare per il Congresso.

In realtà la giornata era partita bene per il governo, con l’approvazione dell’articolo sulla delega delle facoltà speciali per un anno. Ma è stato al momento di definirne dettagliatamente l’utilizzo che sono iniziati i problemi, finché, con una sorta di effetto domino, non sono cadute una dopo l’altra.

A CONFERMA DI UN’AMARA VERITÀ sistematicamente ignorata da Milei (ma drammaticamente nota a svariati governi progressisti nelle stesse condizioni): in mancanza di una maggioranza – e Milei può contare sul sostegno di appena 38 deputati – non resta che negoziare fino allo sfinimento e molte volte cedere. In tal senso, come ha ricordato il deputato dell’opposizione dialogante Nicolás Massot, la caduta della legge si deve «esclusivamente» all’«imperizia» e all’inesistente capacità governativa di «costruire consenso».

Milei tuttavia non arretra: il suo programma economico «continuerà come se nulla fosse successo», ha assicurato il portavoce presidenziale Manuel Adorni, non scartando il ricorso a un plebiscito o a un altro decreto di necessità e urgenza.

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