Un trionfo al primo assalto. La Lega alla veneta sbanca la «sua» Treviso e chiude la parentesi democratica. Il centrodestra più nostalgico che civico si riprende Vicenza dopo dieci anni. Già nella notte di domenica scatta il passaggio di consegne: il sindaco Giovanni Manildo telefona a Mario Conte («Buon lavoro, complimenti per la vittoria») anche se non sono stati scrutinati tutti i 77 seggi. Alla fine, il divario di 6.754 voti è più che netto. Il leghista incassa il 54,49% delle preferenze contro il 37,63% dell’avvocato dem.

È LA VITTORIA incontestabile dello spadone di Alberto da Giussano in salsa trevigiana. Il partito – senza più Nord, ma con Salvini nel simbolo – sfiora il 20% dei consensi, cui va sommato il 15% della lista personale del capogruppo uscente e nuovo sindaco. E non basta, perché Zaia & Gentilini aggiungono un altro 11,5%. Per un totale di 17.100 voti su 21.800 della coalizione.

E i numeri anche in politica spiegano tutto. Il Pd appena tre mesi fa contava 10.449 voti. Resta sempre il secondo partito della città, ma con 6.171 voti con la Civica Manildo che ne colleziona altri 3.805. A Treviso è evaporata la sinistra, che nel 2013 aveva eletto consigliere comunale il giovane di origini marocchine Said Chabi con oltre 1.700 voti. Candidato sindaco di Coalizione civica-sinistra per Treviso non è andato oltre 453 preferenze.
La Lega, insomma, vince e convince proprio come agli albori della Padania di Bossi. Del resto, il M5S ha dissipato la dote di 9.058 voti delle politiche. Domenico Losappio ne ha raccolti appena 1.708.

«UN RISULTATO strepitoso» gongola il governatore Luca Zaia in piazza dei Signori a fianco di Conte, «Abbiamo fatto un lavoro ciclopico per recuperare una partita che prima dell’inizio della campagna molti pensavano persa. Conte è stato l’uomo giusto nel momento giusto: ha un bel progetto ed è riuscito a spiegarlo ai cittadini. Era da una vita che Treviso non veniva presa al primo turno. Missione compiuta».

A VICENZA SI PUÒ FAR FESTA solo all’alba. Francesco Rucco – 44 anni, uomo di destra convertitosi prima alla Lega di Manuela Dal Lago e poi all’associazionismo – conquista la fascia tricolore indossata per dieci anni da Achille Variati, il pupillo dell’indimenticabile Rumor. Con 24.271 preferenze (50,6%) batte al primo turno Otello Dalla Rosa, che si ferma al 45,9%.

Fa specie, prima dello spoglio, il tonfo dell’affluenza al 55,8%, ben 11 punti in meno rispetto alle precedenti comunali. E alla fine nelle 112 sezioni la Civica Rucco con 10.707 voti (24,5%) sorpassa il Pd (10.410) con la Lega a quota 6.930. Forza Italia, che qui ai tempi d’oro contava sul potere del vecchio pentapartito, racimola solo 2.301, il 5,2%. Meno della civica Vi.Nova che aveva accompagnato fin dall’inizio il rinnovamento del centrosinistra.

A Vicenza, sulle macerie di Variati & C rispunta una sorta di «fascioleghismo» simile a quello del primo Flavio Tosi a Verona. La Vandea che ha visto fallire la banca popolare fondata nel 1866 si ricicla fra sicurezza in giacca e cravatta, affari più o meno d’oro, richiami alla cultura di estrema destra. Il Pd si consola con le 833 preferenze di Isabella Sala, figlia dell’ex sindaco Dc e assessore uscente al sociale.

NEL NUOVO CONSIGLIO di Vicenza, Rucco conta su 11 fedelissimi, 7 leghisti e 2 di Fi. All’opposizione con Dalla Rosa 8 consiglieri Pd e 3 delle civiche. Resta fuori dall’aula Coalizione Civica (3,6%), mentre Potere al popolo raccoglie l’1%.

Il simbolo del M5S addirittura non c’era nemmeno sulla scheda: oltre 12 mila potenziali voti, che meritano un’analisi disincantata dei flussi elettorali. Vicenza è già andata oltre il «contratto» di palazzo Chigi?