«La guerra nella Striscia è già una vittoria per Teheran»
Iran Parla il docente iraniano S. Badri. «Il regime non interverrà se Hezbollah verrà colpito. Solo un attacco diretto lo farebbe entrare nel conflitto»
Iran Parla il docente iraniano S. Badri. «Il regime non interverrà se Hezbollah verrà colpito. Solo un attacco diretto lo farebbe entrare nel conflitto»
L’analista politico e docente universitario iraniano S. Badri (nome di fantasia per evitare ritorsioni del regime) ha parlato con noi della possibilità che la Repubblica Islamica venga coinvolta nel conflitto in corso.
L’Iran entrerà in una guerra più ampia nel Medio Oriente?
Quello che sta accadendo rappresenta già una vittoria inaspettata per il regime del nostro paese. Hamas ha minato la percezione di invincibilità delle forze armate israeliane, che è stata a lungo un limite psicologico nel Medio Oriente. I massicci attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza, che hanno causato la morte di quasi 23.000 civili palestinesi, hanno incrementato la solidarietà panislamica per la politica estera iraniana tra le popolazioni musulmane del mondo. Concretamente, Hamas non è stato distrutto e neanche i prigionieri israeliani sono stati rilasciati. Israele è impegnato militarmente su vari fronti e deve anche affrontare l’opinione pubblica mondiale, che giustifica sempre meno il massacro in corso. I rapporti diplomatici della Repubblica Islamica con i paesi vicini, e in particolare con l’Arabia Saudita, sono stati normalizzati. La questione nucleare è in secondo piano, mentre l’esportazione del greggio continua a aumentare.
Gli attacchi israeliani ai rappresentanti iraniani in Siria, l’uccisione di un alto esponente della Guardia della Rivoluzione e di vari membri di Hezbollah e Hamas non hanno provocato, per ora, una reazione iraniana. Tuttavia, cosa succederà se Hezbollah, alleato principale dell’Iran, verrà attaccato dagli israeliani?
Il nostro regime ha ottenuto considerevoli vantaggi anche a livello interno. Ha sfruttato il conflitto a Gaza per eliminare un numero ancora maggiore dei suoi possibili avversari. L’opinione pubblica è stata deviata dalle gravi crisi economiche, ambientali e sociali del paese, e coloro che sollevano questioni serie vengono affrontati con il pugno duro, mentre il mondo volge lo sguardo altrove. Tuttavia, se venisse attaccato militarmente, sicuramente adotterà una posizione di guerra. Ma è altamente improbabile che ciò accada in difesa di milizie alleate, compreso Hezbollah. Aiuti economici e militari, magari invio di volontari, ma è improbabile che i missili iraniani volino verso Tel Aviv per Hezbollah o chiunque altro. Anche perché l’opinione pubblica iraniana non giustificherebbe un’azione del genere. La stragrande maggioranza della popolazione vede il sostegno agli alleati come uno sperpero della ricchezza della nazione, mentre il numero dei poveri aumenta sempre all’interno del paese. Per sostenere una guerra lunga e difficile occorre avere oltre i mezzi economici anche il sostegno della popolazione: attualmente il nostro regime non dispone né di uno né dell’altro. A mio parere, solo un attacco diretto ai confini nazionali potrebbe coalizzare l’opinione pubblica e spingere il regime verso una guerra frontale.
Il 1° marzo 2024, gli iraniani sono chiamati alle urne per scegliere i loro rappresentanti al parlamento e all’Assemblea degli esperti, un organo clericale incaricato di designare e supervisionare l’operato del leader supremo. Ma sembra che la parola d’ordine sia l’astensione, che ne pensa?
Con l’attuale leader Khamenei, 84 anni, in carica dal 1989, le prossime elezioni assumono un’importanza cruciale in merito alla successione alla guida del paese. Tuttavia convincere la gente a votare è una sfida ardua per l’establishment, che sempre ha vantato l’affluenza alle urne come segno della sua legittimità. La popolazione è stanca di tutte queste promesse non mantenute, sommate a un’oppressione cupa che toglie il fiato alle persone. Dopo quanto accaduto durante e dopo le manifestazioni di Donna, Vita, Libertà, la spietata crisi economica che il governo non ha saputo evitare, unita a scandali ricorrenti, corruzione diffusa e cattiva gestione della cosa pubblica, non è strano che la maggioranza delle persone abbia dubbi che le elezioni possano cambiare qualcosa. Ecco perché l’astensione diventa un’espressione di opposizione inequivocabile. Nell’attuale clima politico, la domanda è quanto l’establishment si preoccupi della prospettiva di una bassa partecipazione elettorale. Nonostante la propaganda che richiama alla partecipazione al voto, effettivamente non è stato fatto nulla per conferire un briciolo di normalità alla competizione elettorale. Sono state squalificate numerose candidature. In molti casi in maniera arbitraria.
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