L’importanza che sta assumendo l’intelligenza artificiale in vari settori sta portando aziende e nazioni alla corsa per l’accaparramento e l’esclusiva del mercato dei microchip, necessari per le alte prestazioni di calcolo richieste. Secondo quanto riportato da Reuters, OpenAI, l’azienda di ChatGpt, starebbe valutando di produrre da sé i chip necessari, acquisendo un’azienda del settore come ha fatto Amazon nel 2015 attraverso l’acquisizione della Annapurna Labs, azienda israeliana di microelettronica. Più volte l’amministratore delegato Sam Altman ha espresso quanto fosse importante diventare indipendente da Nvidia, su cui finora ha fatto affidamento. Quello di Nvidia d’altronde è un vero e proprio impero, considerando che controlla l’80% del mercato delle schede grafiche (Gpu), tanto che a fine settembre negli uffici francesi della compagnia ha fatto irruzione l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato «per sospetto di pratiche anticoncorrenziali nel settore delle schede grafiche».

ANCHE DALL’ORIENTE le richieste di schede si fanno sentire: ByteDance, società cinese a cui appartiene il social network TikTok ha deciso di investire in schede Nvidia con un ordine di oltre 1 miliardo di dollari, un acquisto che arriva a ridosso della piena entrata in vigore del ban imposto dagli Usa a Nvidia di esportare schede alla Cina per bloccare lo sviluppo di tecnologie di IA in ambito militare. Il ban riguarderà anche la Russia, dove però il colosso non ha clienti, mentre la Cina è ricca di aziende e startup interessate alla corsa all’IA, come Tencent, Baidu, Alibaba o la Hbkunst Xunfei, azienda che lavora al fianco di Huawei e il cui amministratore delegato, Liu Qingfeng, al Chinese Entrepeneurs Forum 2023 ha riportato con entusiasmo i successi della Huawei nella produzione di Gpu, paragonandone la potenza a quelle Nvidia (un’affermazione tutta ancora da dimostrare).

La guerra dei microchip non riguarda solo l’import export dei prodotti finiti, ma anche ovviamente delle materie prime. La Cina ha recentemente introdotto restrizioni alle esportazioni di gallio e germanio, metalli fondamentali nella produzione di chip oltre che con applicazioni nelle telecomunicazioni e nella costruzioni di veicoli elettrici. La decisione, come si legge in un comunicato del ministero del Commercio, è presa al fine di salvaguardare la sicurezza e gli interessi della nazione, ponendo maggiore controllo su un bene primario in risposta ai ban statunitensi sui prodotti.

A INIZIO SETTEMBRE, all’Internationale Funkausstellung di Berlino (Ifa), lo storico Chris Miller – autore di Chip War: The Fight For The World’s Most Critical Technology – ha sottolineato quanto la gara nell’accaparramento di queste tecnologie sarà importante nel futuro. Secondo Miller, quella dei microchip non è solo una questione di mercato conteso tra aziende, ma un complesso confronto che sta sconvolgendo gli assetti politici, le guerre, l’ecosistema. «Il mondo intero oggi si erge su fragili fondamenta costituite da migliaia e migliaia di chip di silicio – dice infatti Miller -. Quello che vorrei suggerirvi è che l’industria dei semiconduttori è sempre più politicizzata, in quanto la concorrenza tra Paesi ha un impatto sull’intera industria elettronica».