Pollice verso della Germania sul regolamento europeo sulla tassonomia energetica. Lo ha confermato ieri a Berlino il ministero delle Finanze, ufficializzando la sua risposta alla richiesta del governo Macron di dichiarare l’intenzione di voto sulla proposta della Commissione Ue che include il nucleare tra le fonti per la transizione ecologica.

«Le centrali atomiche non sono sostenibili. Primo, perché non si possono escludere incidenti con effetti su vasta scala; secondo, perché resta irrisolto il problema di come, dove e per quanto tempo stoccare le scorie tossiche» è la netta, inequivocabile, posizione della Coalizione Semaforo.

Dominata sempre più dai Verdi, veri vincitori del voto di domenica in Nordreno-Vestfalia, il Land più popoloso della Bundesrepublik con 17,9 milioni di abitanti nonché cuore industriale della Germania. Il 18,1% del consenso al partito ambientalista vuol dire terzo posto ma anche l’11,7% in più dalle ultime elezioni.

Coincide con il ritorno politico della Cdu, primo partito al Parlamento di Düsseldorf con il 35,8% (+2,8% rispetto al 2017), e il clamoroso schianto alle urne della Spd, fermatasi al 26,7% (meno 4,5%) e destinata a incassare la seconda batosta elettorale in otto giorni dopo il tonfo nello Schleswig-Holstein. Gran bella grana per il cancelliere Olaf Scholz, specialmente se è finita malissimo anche l’altro partner nel governo federale: Fdp a quota 5,6% (meno 7%) segnala la fine della luna di miele dei liberal con gli elettori.

Anche per questo effetto collaterale la Germania chiederà formalmente al Consiglio europeo a guida francese di opporsi al documento sulla tassonomia predisposto dalla Commissione. «Se il Consiglio, oppure l’Europarlamento che si esprimerà a luglio, solleveranno obiezioni sull’atto, allora sarà possibile impedirne l’entrata in vigore» è il risultato inseguito dal governo Scholz, per cui, tuttavia, servirà l’appoggio di 20 Stati Ue.

Mentre la Germania non stacca il piede dal pedale del gas. Sebbene inquinante e «insostenibile a lungo termine», appare comunque perfetto come «fonte-ponte per un periodo limitato, per contribuire a eliminare in anticipo il carbone, quindi a risparmiare CO2 in tempi brevi» è la logica tedesca spiegata ai francesi.

In cui non trova più posto la tecnologia di cui in Germania sopravvivono solo tre centrali obsolete da dismettere a fine dicembre, e per cui «se tenessimo realisticamente conto dei costi di copertura dei rischi, senza l’intervento statale nessun privato investirebbe in una centrale atomica» come si legge nella risposta scritta di Berlino a Parigi anticipata dal quotidiano Politico.

Nella replica alla Francia la Germania insiste sulle rinnovabili, «soluzione ideale basata su impianti flessibili che possono essere aumentati o ridotti, al contrario del nucleare. Più a lungo funziona una centrale atomica, più scorie produce; mentre la sua costruzione non può essere presa in esame neppure come opzione a breve per sostituire il carbone: il suo iter di autorizzazione richiede decenni».

A scanso di trucchi, a Berlino tengono a precisare come il Nein sul nucleare comprenda anche i mitologici “Small Modular Reactors” immaginati sia da Macron che nel Regno Unito: «Impianti tutt’altro che sviluppati con gli stessi problemi degli altri» taglia corto il governo Scholz. Sempre sostenuto da Austria, Spagna, Lussemburgo e Danimarca nel braccio di ferro contro la Francia nuclearista, appoggiata, in primis, dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Schierata contro la sua Germania, che si ostina a non seguire la linea di Bruxelles, come sullo stop immediato al gas russo.