Anche l’attrice e star internazionale Angiolina Jolie, ambasciatrice dell’Unhcr, si è unita all’appello lanciato da Martin Griffiths, sottosegretario agli affari umanitari delle Nazioni Unite, per la raccolta di 4,3 miliardi di dollari essenziali per aiutare a sfamare e a curare milioni yemeniti vittime della guerra che da otto anni devasta il paese. Un conflitto figlio anche dello scontro a distanza tra Arabia saudita e Iran che ha già fatto decine di migliaia di morti – tra cui 10mila bambini ha riferito il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres – e che ha gettato lo Yemen in una «crisi umanitaria permanente». Ieri era in programma la conferenza dei paesi donatori organizzata per raccogliere fondi dall’Onu.

IL POPOLO YEMENITA rischia davvero la fame. Due terzi dei programmi delle Nazioni Unite sono stati completamente chiusi o ridotti a causa della mancanza di fondi e dell’escalation dei combattimenti. I tagli agli aiuti hanno comportato la riduzione delle razioni di cibo per otto milioni di persone e delle forniture di acqua potabile. «Siamo pronti a sostenere il popolo yemenita ma non possiamo farlo da soli. Per una questione di responsabilità morale, di decenza e compassione umana, di solidarietà internazionale e di vita o di morte, dobbiamo sostenere il popolo dello Yemen ora» ha detto Guterres rivolgendosi ai paesi ricchi per sollecitarli a non abbandonare il più povero dei paesi arabi. Secondo la Scala di classificazione integrata della sicurezza alimentare (Ipc), alla quale qualche giorno fa hanno fatto riferimento in un comunicato la Fao, l’Unicef e il Programma alimentare mondiale, lo Yemen mostra un livello elevato e persistente di malnutrizione acuta tra i bambini al di sotto dei cinque anni. In tutto il paese, 2,2 milioni di bambini sono gravemente malnutriti. Stessa la condizione di 1,3 milioni di donne incinte o che allattano. E 161mila persone saranno soggette alla carestia nella seconda metà del 2022, con un dato cinque volte maggiore rispetto a quello attuale e livelli catastrofici di fame.

La gravità della situazione umanitaria e le sofferenze della popolazione non fermano la guerra tra le forze governative appoggiate dalla Coalizione a guida saudita e i ribelli sciiti Houthi sostenuti dall’Iran. All’inizio dell’anno l’avanzata dei ribelli verso le città petrolifere è stata arrestata grazie all’intervento di forze mercenarie agli ordini degli Emirati – uno sviluppo al quale gli Houthi hanno risposto lanciando attacchi con missili e droni su Abu Dhabi – e sul terreno ora regna una situazione di stallo. L’incapacità delle due parti di vincere la guerra non ha ancora prodotto tentativi concreti di mettere fine alle ostilità e lasciare spazio a trattative. Non pare perciò destinato ad avere successo l’invito che il Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), organizzazione con base a Riyadh, ha rivolto ai ribelli yemeniti a recarsi dal 29 marzo fino al 7 aprile in Arabia saudita per discutere del cessate il fuoco. Nei prossimi giorni dovrebbero partire inviti formali alle parti. Gli Houthi dovrebbero essere «ospiti» del segretario generale del Ccg, Nayef Falah Mubarak Al-Hajraf.

PROPRIO IL RUOLO di primo piano ricoperto dall’Arabia saudita è l’ostacolo principale agli incontri. Pesano inoltre le 81 persone, per metà di fede sciita, giustiziate sabato da Riyadh. Un alto ufficiale Houthi ha già avvertito che il gruppo difficilmente accetterà di andare nel regno dei Saud che è parte attiva nella guerra, continua a bombardare con i suoi aerei lo Yemen e sostiene il governo di Abdrabbo Mansour Hadi, considerato «corrotto» dagli insorti sciiti. «L’Arabia saudita» ha detto Mohammed Ali al-Houthi, capo del comitato supremo, «è parte della guerra e non un negoziatore». Tuttavia, queste dichiarazioni non rappresentano né una conferma né un rifiuto dell’invito. Quindi non è da escludere che i ribelli possano ammorbidire la loro posizione, forse su pressione del loro sponsor, l’Iran. Tehran da mesi è impegnata in negoziati, mediati dall’Iraq, con Riyadh per allentare la forte tensione tra i due paesi. Le trattative dovevano riprendere questa settimana ma sono state sospese dopo le esecuzioni di massa compiute dai sauditi. Ma andranno avanti.

TEHRAN in questa fase, approfittando dell’attenzione sulla guerra tra Russia e Ucraina, ha tutto l’interesse a migliorare le relazioni nella regione e a chiudere il nuovo accordo Jcpoa con gli Usa e le altre potenze occidentali sul suo programma nucleare in discussione a Vienna.