Nel febbraio 2021, dopo aver orchestrato un partito unito dell’estrema destra, alleato del suo, il Likud, l’ex premier Benyamin Netanyahu, oggi capo dell’opposizione, dichiarò che avrebbe voluto Otzma Yehudit (Potere ebraico) nella sua maggioranza. Ma, precisò, il suo leader, l’ultranazionalista e nemico giurato degli «arabi» (i palestinesi) Itamar Ben Gvir «non era idoneo» a diventare ministro. Da allora è passato un anno e mezzo e il deputato Ben Gvir di strada ne ha fatta e di consensi ne ha conquistati tanti, grazie a una incessante campagna contro i palestinesi, condotta da nord a sud, in Israele come nei Territori occupati. E Netanyahu, dovesse vincere le elezioni legislative del primo novembre, dovrà assegnare all’uomo che guida Otzma Yehudit un ministero importante.

Se si votasse oggi in Israele, la sorpresa sarebbe proprio Otzma Yehudit, partito erede di quello razzista Kach, fuorilegge. I sondaggi gli assegnano fino a nove seggi. Ben Gvir, inizialmente non intendeva apparentarsi come nel 2021 con l’affine leader di Sionismo Religioso, Bezalel Smootrich, che, invece, da solo, faticherebbe a superare la soglia di sbarramento elettorale (3,25%). Poi ha cambiato idea. Sempre i sondaggi dicono che il blocco di destra – guidato dal Likud di Netanyahu – assieme ai partiti religiosi ultraortodossi e all’estrema destra unita dovrebbe raggiungere la quota di 61 seggi, la maggioranza alla Knesset. Per questo l’ex premier ieri ha convocato a Cesarea Ben Gvir e Smotrich, convincendoli a mettere da parte le divergenze e a rinnovare l’alleanza che li ha visti vincere sei seggi alle politiche dello scorso anno. L’estrema destra unita potrebbe ottenere anche 13 seggi. Invece Sionismo Religioso, fallendo l’ingresso in parlamento, avrebbe buttato via migliaia di voti utili al blocco di Netanyahu.

La stella dell’estremismo ormai è Itamar Ben Gvir. La sua campagna per le elezioni del prossimo novembre di fatto è iniziata appena dopo le elezioni del 2021. Non ha perduto un’occasione per creare tensioni con i suoi nemici, i palestinesi. Con dichiarazioni velenose e provocazioni. Avvocato di professione – assiste i coloni israeliani e gli estremisti di destra – qualche mese fa con i suoi seguaci ha montato una tenda a pochi metri dall’abitazione della famiglia palestinese Salem, minacciata di espulsione da Sheikh Jarrah, nella zona Est occupata di Gerusalemme, facendone il suo «studio parlamentare» a tempo indeterminato. Una presenza, ora meno assidua, che ha provocato scontri tra palestinesi e coloni, violenze, manifestazioni e che non è stata mai sanzionata. Anzi, ha accresciuto la popolarità di Ben Gvir nei settori più nazionalisti della società israeliana.

Ben Gvir è un ardente ammiratore del rabbino razzista Meir Kahane (assassinato negli Usa), che sosteneva la deportazione di tutti gli «arabi», anche quelli con cittadinanza israeliana. All’età di 19 anni, attirò l’attenzione nazionale per un’intervista televisiva, nell’ottobre 1995, settimane prima dell’assassinio di Yitzhak Rabin, in cui mostrò il fregio della Cadillac strappato dall’auto del primo ministro e dichiarò: «Siamo arrivati ​​alla sua macchina; arriveremo anche a lui».

Oggi Ben Gvir ha ammorbidito la sua richiesta di deportare tutti i palestinesi, dichiarando che vuole espellere «solo» gli arabi che ritiene «sleali». Allo stesso tempo si è alleato con due movimenti tra i più estremisti: il suprematista ebraico, Lehava, e l’omofobo Noam. Le posizioni più radicali e le alleanze politicamente scorrette non lo danneggiano, anzi. Ben Gvir ora conta di tramutare i consensi in voti il primo novembre. Per l’analista Michael Warshansky «Le prossime elezioni non rappresentano solo la rivincita di Netanyahu, probabilmente destinato a tornare al potere. Sono anche lo sdoganamento politico definitivo di Ben Gvir e della destra più estrema e razzista».