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La deportazione di Abdul il «mangiagatti»

Un abitante di Port-Au-Prince pulisce la strada dai detriti degli scontri tra bande di Haiti foto di Hector Adolfo Quintanar Perez/AnsaUn abitante di Port-Au-Prince pulisce la strada dai detriti degli scontri tra bande di Haiti – foto di Hector Adolfo Quintanar Perez/Ansa

Evoluzione del Maga Haiti, per Trump ma anche per Biden, si presta ad ogni disumanizzazione: è dilaniata dalla violenza e incatenata al suo passato di rapina coloniale (inclusi 20 anni d’occupazione Usa). Elon Musk scatenato su X: un video di una cittadina Usa di origine haitiana parlava di riti voodoo. Il bestiario di una umanità vulnerabile prepara la cacciata degli indesiderabili

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 14 settembre 2024

Se qualcuno si fosse inventato che a Springfield, Ohio, un cane si è mangiato un rifugiato haitiano, la notizia non sarebbe arrivata al dibattito presidenziale. La fake news che Donald Trump ha rilanciato in onda, però, è nata da un post che racconta di un immigrato trovato a cucinarsi il gatto che era sparito al vicino.

Al momento di andare on air le predilezioni culinarie dei barbari clandestini (neri) per gli animali domestici di noi civilizzati (bianchi) avevano destato le ire del candidato vice-presidente J.D. Vance. Cantore della virtù della classe lavoratrice bianca del Midwest, Vance è a sua volta canzonato sui social, dove settimane fa si è propagata la presunta notizia di un suo rapporto sessuale con un divano. Trovandosi costretto ad accettare che la cena con gatto sia un falso, Vance ha comunque incitato i patrioti americani a insistere nel diffondere meme, ricordando agli haitiani alle loro colpe storiche, ovvero le sofferenze inferte alla popolazione, come da repertorio della destra reazionaria: spargere virus, intasare la sanità, rovinare le scuole, dedicarsi al crimine violento.
Haiti è il buco nero dove tutto si azzera: dilaniata dalla violenza delle gang, incatenata al suo passato di depredazione coloniale (inclusi vent’anni di occupazione Usa), l’isola si presta ad ogni esercizio di tropologia disumanizzante.

Già nel 1994 Joe Biden esibiva la propria cinica fede nella realpolitik dichiarando che «se Haiti silenziosamente sprofondasse nell’oceano, sarebbe pressoché irrilevante per i nostri interessi».

Ricordiamo gli shithole countries, definizione riservata dal presidente Trump ai paesi del Sud Globale, perno della visione del mondo MAGA (Make America Great Again): difficile sorprendersi per come il dibattito televisivo abbia offerto nuovi spunti di brutalità riduzionista e orientalismi d’accatto. Trump ha dovuto ingranare la marcia indietro quando gli è stato chiesto se ritenesse appropriato tirare in ballo l’identità razziale di Kamala Harris, a cui aveva riservato illazioni riguardanti la presunta scoperta last-minute della propria blackness.

Il climax comico si è raggiunto quando, vantandosi delle proprie grandi doti di uomo di pace, il tycoon ha raccontato come protesse le forze americane in Afghanistan, ovvero minacciando direttamente bombe sulla casa del gran capo dei Taliban, un certo “Abdul”. Insomma, con “Abdul” confidenzialmente nel mirino, l’Emiro Hibatullah Akhundzada può dormire sogni tranquilli.

Anche perché, nella stretta focale delle telecamere, l’intera tragedia dell’Afghanistan è stata ridotto al tema di chi sia responsabile per i soldati Usa uccisi all’aeroporto di Kabul: non una parola sul Paese oggi, né sulle donne afghane, quelle che ci impegnammo solennemente a non lasciare sole.

Qualcuno si sarà imbattuto, su X, in un post che illustra i presunti risultati di un test di intelligenza condotto dal governo danese sui propri militari. Il post mostra come i risultati peggiori si concentrano attorno a reclute con nomi come Mohammed o Abdul. Il magazine Mother Jones ha documentato come Elon Musk (176 milioni di followers), dopo aver ossessivamente annunciato l’imminenza della guerra civile nel Regno Unito, stia amplificando dati selezionati in modo distorto: analisi data-driven al che danno voce, nel supposto nome della scienza e della libertà di espressione, ad argomenti sulla superiorità biologica della discendenza bianca europea. Anche su Haiti il padrone di X non si è tirato indietro: dopo aver avversato la diffusione sulla sua piattaforma di contenuti estratti da altri social, ha postato un video di Tik Tok in cui una cittadina statunitense di origine haitiana ricordava le condizioni di vita estrema degli haitiani, e la realtà del ricorso alla stregoneria voodoo.

Perché dunque insistere su questo bestiario fatto di cani, gatti e zombie? Lo schema è chiaro: identificare un gruppo vulnerabile, battendo la lingua sul tamburo, rappresentando un’umanità non meritevole di tale nome, e preparando la deportazione degli indesiderabili. Si tratta di un’operazione di mobilitazione che si ripete: in assenza di argomenti empiricamente fondati, ecco una serie di tropi, che agiscono in profondità anche quando la notizia viene smentita. I media operano un fact check sulla specifica circostanza, trovandola infondata, ma i leader MAGA continuano a ripetere, con variazioni, riferimenti all’episodio o alla notizia, fino a quando i media stessi smettono di verificare, considerando la smentita non più una notizia. È il caso della bufala, lasciata passare a Trump durante il dibattito televisivo, circa i paesi latinoamericani che starebbero svuotando le proprie carceri, spingendo i criminali negli Stati uniti.

Il critico letterario Lionel Trilling affermò anni fa che l’americano reazionario non ha idee, ma abbonda di gesti mentali irritabili. Intervistato su The New Republic, Matthew Sheffield – ex conservatore, oggi podcaster su Flux – è esplicito: una lunga serie di menzogne si accatastano a plasmare un’ideologia in cui tutto va riordinato, con miliardari cristiani bianchi al comando. Il suprematismo bianco, agitando gli spettri del disordine sociale ed impegnandosi a disumanizzare, prepara lo spettacolo che renderà vero il credo, «la più grande deportazione della Storia».

 

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