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La corrente di destra contro le altre toghe anche davanti al Csm

La corrente di destra contro le altre toghe anche davanti al Csm

Lo scontro Magistratura indipendente attacca la giudice Silvia Albano e non firma la richiesta di pratica a tutela dei colleghi di Roma. Musolino (Md): «Sbagliato chiudersi nella torre, i confronti sono fondamentali». Zaccaro (Area): «Non è il momento dei distinguo, bisogna tutelare la giurisdizione»

Pubblicato 3 giorni faEdizione del 23 ottobre 2024

Il messaggio lanciato dal governo alla magistratura con il decreto sui paesi sicuri è chiaro: arrendetevi senza condizioni. La realtà, però, è molto più complicata di così, perché le sentenze della Corte di giustizia europea continuano ad essere, come più volte ribadito anche dalla Consulta, «cogenti e vincolanti» per tutte le articolazioni dello Stato e non soltanto per i giudici. Tutto questo, ovviamente, il governo lo sa e le sue ultime mosse servono solo ad alzare il livello dello scontro con le toghe, nella speranza di piegarle o, quantomeno di indebolirle. Cosa che, almeno quest’ultima, sta in effetti avvenenendo. Ieri sedici membri del Csm (13 togati e 3 laici) hanno depositato al comitato di presidenza la richiesta di apertura di una pratica a tutela per i giudici del tribunale di Roma oggetto di violenti attacchi da quando, venerdì scorso, non hanno convalidato la deportazione di dodici migranti in Albania.

«LE CRITICHE alle decisioni giudiziarie – si legge nel testo della richiesta – non possono travalicare il doveroso rispetto per la magistratura: applicare e interpretare le leggi di fonte nazionale e sovranazionale nei singoli casi non significa occuparsi di politiche migratorie o di altro genere». Un discorso che, in astratto, suona quasi banale ma che nei giorni in cui dalle parti della maggioranza di governo si usa con sin troppa facilità l’aggettivo «eversiva» dopo il sostantivo «magistratura», diventa un ennesimo tassello dello scontro in atto. Il punto, nell’universo togato, però non è tanto questo, quanto il fatto che non c’è alcuna unanimità sulla presentazione della pratica a tutela: mentre tutti gli altri lo hanno fatto, i consiglieri di Magistratura indipendente, la corrente di destra, infatti non hanno firmato e non hanno alcuna intenzione di unirsi al coro, spaccando così il fronte. Certo, si legge in una nota prodotta dai sei consiglieri togati di Mi, «la solidarietà» c’è, così come c’è la certezza che i colleghi «hanno, in coscienza, applicato il diritto con professionalità e indipendenza», ma alla richiesta avanzata al Csm mancherebbe «la necessaria presa d’atto della inopportunità delle dichiarazioni pubbliche in precedenza rilasciate da un componente della sezione immigrazione, firmatario dei provvedimenti, con le quali era già stata più volte manifestata una precisa e netta posizione di contrarietà alla normativa da applicare».

IL RIFERIMENTO è a Silvia Albano, presidente di Magistratura democratica e giudice della XVIII sezione del tribunale civile di Roma, quella che si occupa di immigrazione appunto. Nel giorno delle mancate convalide, Albano ha tenuto due udienze (su dodici) e tanto è bastata ai propagandisti filogovernativi per bollarla come grande burattinaia del supposto golpe giudiziario contro Meloni. In precedenza, tra articoli e interviste, come decine di altri giuristi, aveva evidenziato più volte i limiti del protocollo albanese del governo. Con tutti i toni soffusi del caso, Magistratura indipendente si colloca perfettamente nel campo di chi accusa i giudici di parlare di giustizia. E per questo, soprattutto nelle sedi locali, alcuni iscritti avrebbero storto il naso, sia pure con i consueti garbati distinguo tipici di una corrente che fa dei toni bassi, quasi muti, il suo tratto distintivo da sempre.

«LA PARTECIPAZIONE a dibattiti pubblici sul tema dei diritti, è un’occasione di confronto per il magistrato ed un’opportunità di arricchire la discussione con il suo contributo professionale che non può mai essere stigmatizzato se svolto con sobrietà e apertura al confronto – commenta il segretario di Magistratura democratica Stefano Musolino -. Spero che ciò continui ad avvenire, anche perché ritengo indispensabile un confronto di idee trasparente e pubblico sul tema dei diritti. Mi pare, invece, che l’idea di un magistrato chiuso nella sua torre eburnea continua a tentare il gruppo di Mi, sino al punto da impedire a tutta la componente togata di esprimersi all’unisono in presenza di gravissimi attacchi all’autonomia ed indipendenza della magistratura». Sulla stessa linea anche Giovanni Zaccaro, leader di Area democratica per la giustizia.

«LE PRATICHE a tutela sono decise dal consiglio superiore per tutelare l’autonomia e la indipendenza della giurisdizione nel suo complesso, messa in pericolo da attacchi esterni, e non per tutelare i singoli magistrati – dice Zaccaro -. La tesi che non andava promossa solo perché uno di quei magistrati aveva tenuto una condotta, a loro dire scorretta, dimostra che non conoscono bene l’istituto. Non è il momento di distinguo è il momento di tutelare la funzione costituzionale della giurisdizione quale garante dei diritti di tutti».

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