«Classico», la coreografia è indipendentista
Barça-Real 0 a 0 La piattaforma Tsunami Democràtic si prende gli spalti del Camp Nou. Ma senza i temuti incidenti. Mentre proseguono i negoziati serrati tra Sánchez ed Esquerra Republicana
Barça-Real 0 a 0 La piattaforma Tsunami Democràtic si prende gli spalti del Camp Nou. Ma senza i temuti incidenti. Mentre proseguono i negoziati serrati tra Sánchez ed Esquerra Republicana
La partita del “classico” Barça-Real Madrid di ieri sera si è giocata in maniera relativamente tranquilla (è finita 0-0) e le temute manifestazioni convocate dalla piattaforma anonima Tsunami Democràtic si sono limitate alla coreografia sugli spalti: un grande striscione «sit and talk» (la richiesta di dialogo fra governo catalano e spagnolo) circondato da cartelli più piccoli che la sicurezza del Barça non è riuscita a sequestrare, oltre al lancio di qualche pallone da spiaggia in campo che ha fermato la partita due minuti.
Ma a parte questo e le 5mila persone che prima della partita si sono concentrate attorno allo stadio con qualche scontro con le forza dell’ordine, non è stato troppo diverso dalle rivendicazioni abituali in queste partite. La sola minaccia di proteste, che aveva causato la posticipazione dell’incontro, aveva fatto tremare il governo spagnolo e le forze di sicurezza per settimane. Il dispiegamento di forze dell’ordine era degno di chissà quale imprevisto.
L’intensità di tutte le proteste a Barcellona è molto calata rispetto a un mese fa: continuano blocchi di strade e qualche simbolica iniziativa, ma nel complesso sembra si sia instaurato un clima attendista. I negoziati serrati in corso fra Esquerra Republicana, il principale partito catalano, e i socialisti per chiudere un accordo che permetta al nuovo governo di partire sono sullo sfondo. Esquerra sta facendo un enorme sforzo per non rinunciare del tutto alle aspirazioni indipendentiste e al contempo fare un bagno di pragmatismo, aprendo nuovi canali di dialogo, soprattutto coi socialisti e coi “Comuns”, alleati di Podemos. È un equilibrismo complicato, ed è per questo che i socialisti stanno ostentando un’inedita pazienza. Mentre si negozia una formula attraverso la quale Sánchez possa offrire un canale di dialogo per risolvere il conflitto catalano senza superare le proprie linee rosse (niente autodeterminazione né referendum) e Esquerra possa accettarla senza perdere la faccia, a Barcellona il fragile governo catalano – in cui Esquerra è in coalizione con JuntsxCat, assai più massimalisti, ma di destra – sta negoziando coi Comuns e ha strappato loro un accordo di massima per poter finalmente, dopo tre anni, varare una finanziaria regionale. Allo stesso tempo il presidente, Quim Torra, di JuntsXCat, trascina i piedi, anche se il suo futuro politico è segnato: in questi giorni verrà interdetto dai pubblici uffici per non aver accettato una decisione della giunta elettorale. Ricorrerà, ma è solo prendere tempo.
Intanto, nel calendario indiavolato, oggi si conoscerà la sentenza del Tribunale di Strasburgo dei diritti umani su Oriol Junqueras, segretario di Esquerra, e sul suo diritto a essere considerato europarlamentare anche senza aver potuto giurare a Madrid perché in carcere. E questo due giorni dopo il pronunciamento del tribunale costituzionale che per la prima volta ha rotto l’unanimità che l’ha caratterizzato nelle vicende catalane: tre magistrati hanno votato in dissenso dagli altri nove su un ricorso in cui si sosteneva che il carcere preventivo aveva vulnerato i diritti di Junqueras. Anche se, a maggioranza, i giudici hanno respinto il ricorso, il voto in dissenso servirà al leader indipendentista per il successivo ricorso in sede europea. In più, questo fine settimana si celebra il congresso di Esquerra in cui si dovrà dare il semaforo verde all’accordo coi socialisti: c’è maretta sull’idea di abbandonare l’unilateralità che ha contraddistinto l’azione politica dei repubblicani in questi anni. Vedremo quanto supporto riceverà la leadership.
Intanto Sánchez parla con sindacati e Confindustria spagnola per difendere una delle proposte dell’accordo che dietro le quinte sta chiudendo con Podemos: la crescita del salario minimo fino a 1200 euro.
Sánchez spera di poter ottenere l’investitura prima della fine dell’anno. Se tutto va bene, ed Esquerra si astiene (trascinandosi anche l’astensione dei baschi di Eh-Bildu) e tutti gli altri piccoli soci non si tirano indietro, siamo a 167 voti contro 165 No (oltre a Pp, Vox e Ciudadanos, anche gli indipendentisti della Cup e JuntsXCat voteranno contro).
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