A Lampedusa, qualche anno fa, una giovane mamma ha visto il proprio bambino sfuggire dalle sue braccia e annegare sotto i suoi occhi. Arrivata a terra, un’altra donna l’ha avvolta in uno scialle. Così nasce la Coperta della Memoria, progetto che raccoglie le storie delle vittime dei naufragi nel Mediterraneo e, tramite i volontari, le trasforma in coperte. Ogni quadrato è una storia. Ancora piccola, la coperta di Steccato di Cutro è stata esposta ieri, sulla sabbia, durante la manifestazione «Fermare la strage, subito!».

Nella sua semplicità, l’immagine evoca la tragicità dei migranti morti in mare, in particolare i bambini e le donne, la maggioranza di chi soccombe. Nel caso di Cutro, finora, tra la 76 vittime già accertate, ci sarebbero 20 bambini e 35 donne. Nonostante questo gruppo sia quello più vulnerabile, è stata denunciata più volte la mancata assistenza ai sopravvissuti, soprattutto quella specializzata che ci si poteva aspettare in una situazione del genere.

È partita da una ricercatrice palermitana, Alessandra Sciurba, e dal parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra Franco Mari, la denuncia, ad esempio, sulle condizioni del Centro di accoglienza in cui sono stati tenuti i superstiti nei primi nove giorni, prima che fossero trasferiti in un albergo. «In quei due padiglioni, 5 donne e 5 bambini stavano in mezzo a decine di uomini, utilizzando gli stessi bagni e spazi, in condizioni igieniche assenti», ha raccontato Franco Mari.

Mancano anche interpreti, psicologhi e consulenti legali, lavoro svolto, attualmente, da una serie di volontari e di enti del terzo settore, racconta Manuelita Scigliano, presidente dell’associazione Sabir e portavoce della Rete 26 febbraio. «È dal 26 che offriamo assistenza psicologica e mediazione culturale senza sosta, in modo volontario», ha denunciato. Non è raro, spiega, trovare i bambini a giocare in mezzo alle bare al PalaMilone – motivo per cui l’associazione ha individuato degli educatori per accompagnarli.

Non per caso, alla manifestazione di ieri hanno aderito tante le realtà dedicate alle donne. «La mancata accoglienza è un problema del sistema, del governo, che ha molta responsabilità anche in quello che è successo», ha dichiarato Antonella Veltri, presidente della rete Di.Re. – Donne in Rete contro la violenza, che seguiva il corteo. Circa il 26% delle donne assistite dalla rete Di.Re. sono straniere. «Molte di queste donne provengono dalle rotte più svariate, hanno subito violenze multiple durante il tragitto. È importante che ci siano presidi territoriali capaci di aiutarle e sostenerle», ha sottolineato.