La comunità in Italia: Roma sostenga Kyaw Moe Tun
Contro il regime La petizione al Governo italiano chiede che Roma prenda posizione alla 76esima Assemblea Generale dell’Onu che si terrà a settembre e nella quale si discuterà del destino dell’ambasciatore birmano
Contro il regime La petizione al Governo italiano chiede che Roma prenda posizione alla 76esima Assemblea Generale dell’Onu che si terrà a settembre e nella quale si discuterà del destino dell’ambasciatore birmano
Nonostante le vicende afghane abbiano a lungo tenuto banco sulla cronaca quotidiana, la battaglia contro la giunta che ha preso il potere in Myanmar nel febbraio scorso va avanti. E non solo quella: corrono gli affari, la guerriglia interna cerca di organizzarsi anche diplomaticamente con una raccolta di firme a livello internazionale che cerca di fare pressione sulla prossima Assemblea generale dell’Onu, dove il coraggioso ambasciatore del vecchio governo (ora clandestino) è l’unica voce in grado di far sentire le aspirazioni del popolo birmano in un consesso internazionale.
LA PETIZIONE al Governo italiano (che si può firmare su change.org) chiede che Roma prenda posizione alla 76esima Assemblea Generale dell’Onu che si terrà a settembre e nella quale si discuterà del destino dell’ambasciatore birmano. La Comunità birmana in Italia, che è espressione del Governo ombra di unità nazionale (Nug), chiede al governo italiano di riconoscere l’Ambasciatore Kyaw Moe Tun come rappresentante permanente del Myanmar alle Nazioni Unite.
È l’ambasciatore (vittima tra l’altro di un complotto per ucciderlo) che fu nominato dal governo della Lega di Aung San Suu Kyi e che il nuovo regime militare ha licenziato dopo la sua presa di posizione contro il golpe proprio parlando all’Onu. Nella petizione si ricorda che confermare un nuovo diplomatico proposto dalla giunta significherebbe «legittimarlo e incoraggiarne la politica autoritaria e repressiva, condannando il Myanmar a una dittatura guidata dallo stesso esercito che nel 2017 ha commesso il genocidio contro il popolo rohingya, provocando migliaia di vittime e oltre 700.000 profughi».
È interessante che venga citato il caso rohingya di cui a suo tempo fu accusato il governo della Lega di Suu Kyi anche perché il Nug, a differenza dei governi precedenti, ha finalmente espresso la volontà di aderire allo statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, dimostrando la volontà di collaborare con la comunità internazionale. Domenica prossima a Roma la Comunità birmana in Italia terrà una manifestazione a sostegno della petizione in Piazza del Popolo alle 10.30.
SU UN ALTRO FRONTE, i media cinesi hanno annunciato che l’inviato speciale cinese per gli affari asiatici Sun Guoxiang ha visitato il Myanmar dal 21 al 28 agosto su invito del generale in comando Min Aung Hlaing. I media statali del Myanmar hanno tenuto la notizia nascosta. Il 15 settembre le frontiere tra i due Paesi si dovrebbero riaprire.
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