La chiesa che dissente, oggi Zanotelli torna in piazza
«Digiuno di giustizia» Da San Pietro a Montecitorio, la marcia in solidarietà con i migranti. Mentre trenta professori della Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale di Napoli scrivono a Mattarella e si autodenunciano, con la comandante Rackete
«Digiuno di giustizia» Da San Pietro a Montecitorio, la marcia in solidarietà con i migranti. Mentre trenta professori della Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale di Napoli scrivono a Mattarella e si autodenunciano, con la comandante Rackete
È trascorso un anno da quando, il 10 luglio 2018, il missionario Alex Zanotelli, insieme all’ex vescovo di Caserta Raffaele Nogaro, a don Alessandro Santoro della Comunità delle Piagge di Firenze, ai religiosi Giorgio Ghezzi e Rita Giaretta che lavorano con i migranti e con le donne vittime di tratta e sfruttamento sessuale, lanciarono il «Digiuno di giustizia in solidarietà con i migranti»: migliaia di adesioni in tutta Italia e un presidio fisso a piazza Montecitorio, ogni primo mercoledì del mese.
«Un anno dopo, la strage dei migranti per le politiche restrittive della “Fortezza Europa” continua, è un crimine contro l’umanità», spiega Zanotelli, che oggi sarà di nuovo in piazza: alle 13.30 a San Pietro e di lì in marcia fino a Montecitorio, in presidio davanti alla Camera dei deputati.
«Il governo italiano ha inasprito le politiche dell’accoglienza e alimentato un clima di intolleranza con la propaganda della paura e dell’esclusione che nulla hanno a che vedere con la nostra cultura giuridica e con la nostra identità europea, civile e cristiana» (nonostante i rosari di Salvini), prosegue Zanotelli, «ma si sono moltiplicate le voci di coraggiosa opposizione e di pacifica condanna, nonché le testimonianze di disobbedienza civile per le quali e con le quali torniamo a digiunare».
Non è l’unica voce di dissenso. Trenta professori della Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale di Napoli scrivono a Mattarella e si autodenunciano, con la comandante Carola: «Signor presidente – scrivono -, se la solidarietà sta divenendo un reato, allora le comunichiamo che vogliamo compiere ogni reato di umana solidarietà, desideriamo essere processati per apologia di reato e ci offriamo di ricevere la pena prevista». E papa Francesco lunedì prossimo, anniversario del primo viaggio del suo pontificato a Lampedusa, celebra a San Pietro una messa con 250 migranti sopravvissuti alla traversata del Mediterraneo e gli operatori delle Ong che li hanno salvati.
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