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La casa di Nino s’allarga in sardità

Una delle teche presenti alla Casa Museo di Gramsci a Ghilarza con oggetti presenti nell’abitazione, lettere, foto, libriUna delle teche presenti alla Casa Museo di Gramsci a Ghilarza con oggetti presenti nell’abitazione, lettere, foto, libri

Storie La Fondazione museo Gramsci di Ghilarza riaprirà ad aprile più grande e strutturata. Al centro del progetto il legame indissolubile con la sua terra che ne ha permeato il pensiero

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 28 settembre 2023
Massimo FranchiINVIATO A GHILARZA (ORISTANO)

Una casa più grande, con radici più forti. Antonio Gramsci l’avrà presto – si conta di aprirla per l’anniversario della morte a fine aprile – nella sua Ghilarza, sull’altipiano di Abbasanta nell’Unione dei comuni del Guilcer, con uno sforzo collettivo di tutta la Sardegna, unita nell’impresa nonostante i campanilismi fortissimi che i «continentali» non possono comprendere.

La Fondazione Casa Museo Gramsci si allarga e si fortifica puntando a diventare un punto di riferimento a livello mondiale, attrattivo per studiosi e turisti grazie a un contesto ambientale e culturale unico, nel quale immergersi è coinvolgente come in pochi altri luoghi.

La casa in cui Nino, quarto di sette figli, crebbe dai sette ai vent’anni – dal 1898 al 1911 – da maggio è un cantiere che sta velocemente ripristinando l’aspetto originario, estendendosi all’edificio contiguo – acquistato dal comune di Ghilarza e dato in concessione per 99 anni – e, allo stesso tempo, prendendo il giusto spazio per spiegare il pensiero di uno degli intellettuali più letti al mondo, nonostante la sua breve e travagliata vita.

Il rendering del nuovo museo e la pianta del piano terra del progetto

UN LUOGO ANCORA PIÙ UNICO per Gramsci perché unica vera casa in cui visse: dopo, per lui, solo stanze in affitto, sanatori e tante prigioni dalle quali sempre ripensava – come dimostrato in tante “Lettere dal carcere” – al luogo più caro. Dall’ultima breve visita nel 1924 alla ultima richiesta fatta in vita alla famiglia: appena liberato – solo perché morente – dal regime fascista, annuncia il suo ritorno per il 27 aprile 1937. Che mai ci sarà. Perché proprio quel giorno spirerà alla Clinica Quisisana a Roma.

Il museo si trova a Ghilarza, paese d’origine della amatissima «mamma» Peppina, morta nel 1932, notizia che a Nino fu nascosta per anni. La casa è una costruzione dei primi dell’Ottocento in basalto, pietra tipica della zona, su due piani che si affaccia sul corso del paese di 4 mila anime e si distingue, oltre per le targhe al muro d’ingresso, per il balconcino. Di rimpetto sorge la piazzetta a Gramsci intitolata e che ora ospita la Fondazione con fuori la targa commemorativa della visita dell’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – con cui ora condividerà il cimitero Acattolico di Roma – nel 2007 per i 70 anni dalla morte di Nino: una pietra vergata da uno dei suoi moniti più importanti: “Istruitevi perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza”, seguita dalla scritta: «I sardi ricordano».

Nino trascorreva sempre le estati a Ghilarza, anche dopo essere partito per Torino dove aveva vinto una borsa di studio del Regno per studenti – assieme a Togliatti – che gli aveva consentito di frequentare la facoltà di Lettere. Era ritornato poi per due brevi visite nel 1920 e nel 1924.

L’abitazione, oggi di proprietà della Fondazione Enrico Berlinguer, è stata acquistata nel 1965 dal Pci, diventando una vera e propria Casa del Popolo. Poi, dopo una parentesi milanese, la nascita della Fondazione che la gestisce dal 2017.
Il progetto di estensione e di digitalizzazione del materiale, finanziato con fondi regionali – un milione di euro da un accordo di programma e 100 mila euro dal Pnrr – è di un gruppo di architetti – Fabiana Ledda, Paolo Russo, Riccardo Onnis – risultato vincitore del concorso internazionale.

Al centro del progetto c’è la sardità. Un concetto che permea e pervade gran parte del pensiero Gramsciano, il suo legame indissolubile con la sua terra, dimostrato in tantissime lettere dal carcere fino alla già menzionata richiesta ai parenti rimasti in vita – lo racconterà la nipote Mea, figlia del fratello Gennaro, anch’esso perseguitato dal fascismo ed esiliato in Francia – di trovargli una stanza nella vicina Santulussurgiu, dove Antonio fece il primo Ginnasio, prima di trasferirsi a Cagliari per il liceo.

IL RICORDO DELLA POVERTÀ sua, della sua famiglia (anche a causa dell’incarcerazione del padre, condannato a 5 anni per un ammanco all’ufficio del Registro) e della sua terra è subito un tema fondamentale e immutato nel pensiero Gramsciano: «L’istinto della ribellione che da bambino era contro i ricchi, perché non potevo andare a studiare (…) si allargò per tutti i ricchi che opprimevano i contadini della Sardegna ed io pensavo allora che bisognava lottare per l’indipendenza nazionale della regione: “Al mare i continentali!” Quante volte ho ripetuto queste parole», scrive da Vienna nel 1924. L’idea di ribellione contro l’ingiustizia e l’importanza del riscatto delle classi proletarie sono un caposaldo dell’intera sua produzione.

Parallelamente c’è la grande nostalgia per la lontana terra natia che riempie le sue lettere: «Come mi piaceva da ragazzo la valle del Tirso sotto San Serafino», scrive ad esempio ricordando la casetta per la «novena» – i nove giorni di festa in onore di un santo in cui ci si trasferisce e si festeggia vicino a una chiesa aperta all’uopo – che ogni famiglia ha per tradizione e che i Gramsci avevano dove ora arriva il lago artificiale Omodeo, il più grande d’Italia.

Oppure nel racconto del paragone fra la prigione torre aragonese di Ghilarza e la sua o nell’episodio della famiglia di ricci che trasportano le mele nel bosco verso Norbello raccontato in una lettera al figlio Delio, poi diventata fiaba.

UN LEGAME ANCHE FISICO che portò Gramsci a costruire con le sue mani un carretto sardo – conservato al museo – nel periodo trascorso nel sanatorio in Russia.

Luoghi e percorsi gramsciani che si possono ancora fare e che si faranno ancora di più a riapertura completata.

«Vogliamo dare stabilità al nostro progetto e creare un complesso adeguato alle esigenze di un museo contemporaneo. Finiti i lavori del cantiere, incominceremo a raccogliere materiale ulteriore e a digitalizzarne altro, documenti testuali, materiali visivi e sonori e oggetti. L’obiettivo è di triplicare le presenze annue da 4 mila ad almeno 12 mila», spiega il direttore del museo Paolo Piquereddu.

«Non c’è dubbio che tanti aspetti del pensiero di Gramsci non sono comprensibili senza conoscere la sua infanzia, i luoghi in cui si è formato a partire proprio dal concetto di scuola e formazione nazionale», sottolinea Caterina Pes, presidente della Fondazione da febbraio e nel 2016 prima firmataria della legge che dichiarò la Casa di Gramsci monumento nazionale. «L’idea di scuola gratuita come strumento di crescita sociale dell’individuo gli venne dall’osservazione degli studenti ricchi che andavano a scuola svogliati mentre lui non poteva permettersi i libri. Il nostro progetto tiene conto degli esiti dei più recenti studi che riconducono già agli anni del Gramsci sardo l’elaborazione di fondamentali assunti del suo pensiero», conclude Pes.

PROPRIO IL CONCETTO DI «SCUOLA ed educazione nazionale» è stato al centro della Ghilarza Summer School che si è tenuta dal 4 al 9 settembre. Scuola biennale che dal 2014 la Casa Museo, d’intesa con la Fondazione Gramsci onlus e l’International Gramsci Society, mette a bando 15 posti per dottorandi e ricercatori in studi gramsciani, ospitando a Ghilarza giovani da tutto il mondo. «La nostra quinta edizione è andata benissimo – racconta Gianni Francioni, docente a Pavia che insieme a Fabio Frosini, docente a Urbino, guida la scuola «in stretto rapporto» con l’Istituto Gramsci. «Il livello degli studenti era molto alto, con la conferma di una larga componente latino-americana, zona dove gli studi gramsciani sono in grande espansione. È una settimana molto intensa di modello accademico che sta diventando un appuntamento fisso: torneremo a pubblicare online gli atti della “settimana” per far circolare di più i testi».

Nel progetto del nuovo museo è prevista una piccola sala per seminari e conferenze. «Il sogno è poter fare qua la Summer School e l’indicazione della sala conferenze è calibrata per quello. Il problema finora è stato trovare una sistemazione alberghiera a studenti e docenti». Ma se il nuovo museo prenderà piede, anche la domanda di turismo dovrà essere soddisfatta. Facendo di Ghilarza e circondario il centro del mondo gramsciano.

La pianta del piano terra del progetto

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