La campagna elettorale anomala prosegue, con una novità al giorno. Da ieri è indagato un personaggio molto vicino a Marine Le Pen: si tratta di Frédéric Chatillon, ex Gud (estrema destra universitaria), organizzatore della comunicazione della candidata del Fronte nazionale attraverso la sua società Riwal, per abuso di beni sociali nell’ambito del finanziamento delle campagne elettorali (municipali e europee) del 2014 e 2015. Già ad ottobre erano stati rinviati a giudizio gli organizzatori del finanziamento, che avevano venduto ai candidati frontisti dei “kit” di campagna carissimi e obbligatori. Chatillon è indagato anche per aver concesso dei crediti illegali a “Jeanne”, il micro-partito di Marine Le Pen, che del resto è anche sotto esame da parte del fisco. Marine Le Pen deve far fronte alle accuse del Parlamento europeo, per impiego fittizio di due collaboratori. Marine Le Pen ha rifiutato di rispondere alla convocazione della polizia, rimandando l’interrogatorio al dopo elezioni: “non rispondero’ durante la campagna elettorale – ha affermato – poiché questo periodo non permette né la neutralità né la serenità necessarie al funzionamento corretto della giustizia”. Il primo ministro, Bernard Cazeneuve, ha ricordato alla candidata di estrema destra che le leggi sono eguali per tutti.

Anche il candidato della destra spera di sfuggire a nuovi interrogatori. La Procura finanziaria ha affidato a tre giudici istruttori l’inchiesta sull’impiego sospettato di essere fittizio di Penelope Fillon, la moglie del candidato Républicain, e sulle “missioni”, anch’esse molto vaghe, dei due figli della coppia, il tutto a spese del contribuente (più di un milione di euro complessivamente). Gli avvocati di Fillon, ormai indagato, hanno fatto finta di essere soddisfatti: “vuol dire che la Procura non ha le prove”, per inviare il candidato direttamente in tribunale. Anch’essi sperano che la vicenda giudiziaria di Fillon e famiglia possa venire sospesa nei due mesi che mancano alle presidenziali.

I sondaggi, per il momento, non segnalano reazioni troppo negative tra gli elettori di destra e estrema destra di fronte agli scandali finanziari: “effetto Teflon” completo per Marine Le Pen, dove addirittura alcuni si compiacciono del furto ai danni dell’odiata Europa, e che resta in testa al primo turno per intenzioni di voto, mentre il nocciolo duro dell’elettorato di destra continua a sostenere Fillon in nome dello slogan “non vogliamo farci rubare la vittoria” alle prossime presidenziali. Ma Fillon oscilla sotto il 20%, percentuale troppo bassa per assicurargli il ballottaggio. Ieri, due manifestazioni “contro la corruzione”, a Parigi e a Tolosa, hanno ancora chiesto che i candidati implicati in scandali si ritirino. Manifestazione a Nantes contro il comizio di Marine Le Pen, previsto oggi.

Giorni fausti, invece, per Emmanuel Macron, sempre più al centro che guarda a destra. Dopo l’offerta di alleanza di François Bayrou, leader del MoDem, subito accolta, si profila un possibile avvicinamento con Jean-Louis Borloo, dell’Udi (centro-destra). Un problema per Macron, che continua a proclamarmi “di destra e di sinistra”, mentre il riavvicinamento con l’ala social-liberista del Ps si fa attendere.

A sinistra, la corsa all’unità si è arenata. Yannick Jadot di Europa Ecologia ha ritirato la candidatura (i sondaggi gli danno non più del 2%) a favore del socialista Benoît Hamon, con in cambio qualche precisazione nel programma (uscita dal nucleare entro il 2050, rinuncia all’aeroporto di Notre-Dame- des-Landes e della Torino-Lione) e anche di una quarantina di candidature alle legislative. Dialogo tra sordi, invece, con Jean-Luc Mélenchon, candidato di France Insoumise, malgrado i tentativi di unità fatti dal Pcf. Lo scoglio “Europa” sembra insormontabile.