Quel giorno c’erano, ai lati, Xi Jinping e Giuseppe Conte. Al centro Luigi Di Maio e lui, Wang Yi, a celebrare la firma del governo gialloverde sui documenti di adesione alla Belt and Road Initiative. Più romanticamente, Nuova Via della Seta. Era il 23 marzo 2019, un secolo fa.

IERI WANG è tornato a Roma, dove nel frattempo tutto è cambiato, più volte. Lo stesso Wang non è più il ministro degli esteri, è qualcosa di più: direttore della Commissione centrale per gli affari esteri del Partito comunista cinese. Ruolo a cui è asceso in modo inaspettato durante il XX Congresso dello scorso ottobre. Fidatissimo di Xi, ha rinviato la pensione per diventare di fatto lo “zar della diplomazia” di Pechino. Ed è lui l’uomo scelto per svolgere una missione cruciale: tenere aperta la porta dell’Europa. Un’impresa che appariva disperata fino a qualche tempo fa, con la guerra in Ucraina ad allargare il divario creato negli anni scorsi dal pressing sempre più asfissiante degli Stati uniti sui fronti tecnologico e geopolitico, nonché dalla controffensiva muscolare di Pechino e dei suoi diplomatici “lupi guerrieri”.

IL MOMENTO è decisivo. Per la guerra, per i rapporti Usa-Cina, per l’Europa. Pechino sente che inizia a serpeggiare qualche dubbio e prova a incunearsi tra le fratture del conflitto per lasciar intravedere il volto buono. Un po’ tutti, nel Vecchio Continente, vedono nella Cina l’unico interlocutore in grado di riportare Vladimir Putin a più miti consigli. Per questo, in molti, sono disposti a dimenticare alcuni degli avvertimenti giunti sulla direttrice euroatlantica e proiettare il proprio desiderio di pace nelle fattezze di Wang. L’incontro con Emmanuel Macron è stato in tal senso esemplificativo. Al termine del colloquio di Parigi, l’ufficio del presidente francese ha dichiarato che Francia e Cina hanno concordato di «contribuire alla pace in Ucraina». Macron, considerato il vero interlocutore europeo dai media cinesi, non ha nascosto la speranza che Pechino faccia pressione sulla Russia per un tavolo negoziatle. La stessa speranza espressa da Tajani ancor prima di incontrare Wang.

CON LA SOLITA rimodulazione del proprio messaggio, la Cina lascia intendere agli europei di essere pronta a giocare una parte per ristabilire la pace. Lasciando però come sempre intendere alcune cose che chiariscono che Pechino non ha mai davvero cambiato la sua posizione. Primo: il principale ostacolo ai negoziati di pace è la postura degli Stati uniti. Secondo: l’Europa deve muoversi in maniera indipendente da Washington e perseguire i propri interessi. Ergo, separare la geopolitica dagli affari e continuare a cooperare con la Cina. Azione compiuta benissimo dalla Germania, che proprio ieri ha confermato che Pechino è rimasta il suo principale partner commerciale per il settimo anno consecutivo con un interscambio di 297,9 miliardi di euro. Ben il 20% in più del 2021, anche se il deficit a svantaggio di Berlino ha raggiunto il livello record di 84,3 miliardi.

PROPRIO QUESTA è l’altra promessa lasciata intendere dalla diplomazia cinese, in primis all’Italia: «Collaboriamo e riequilibriamo la bilancia commerciale». Prima ancora della conferma della presenza italiana (unica del G7) nella Via della Seta, Wang punta a normalizzare i rapporti col governo Meloni, che in campagna elettorale sembrava poter compiere passi inediti in direzione di Taiwan e Tibet. Ora, invece, si prova a portare la premier in visita a Pechino.

Da oggi, Wang sarà invece alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera. Qui potrebbe parlare con Antony Blinken, giocando così in campo neutro l’incontro programmato nella capitale cinese e saltato a causa della vicenda del presunto pallone-spia. Difficile attendersi svolte, ma sarebbe già un segnale di riavvio delle comunicazioni.

INFINE, DOPO la tappa in Ungheria, Wang sarà in Russia a pochi giorni dall’anniversario dell’invasione. Dopo lunghi giorni di colloqui coi diplomatici europei, la tappa conclusiva del grand tour di Wang sembra lasciar intendere che la Cina potrebbe farsi portatrice di qualche messaggio. In realtà, la visita a Mosca servirà per programmare il prossimo viaggio al Cremlino di Xi. Giusto ieri, il portavoce del ministero degli esteri cinese ha parlato di “solidi progressi” nella cooperazione sinorussa. Oggi, intanto, cominciano esercitazioni navali congiunte al largo del Sudafrica.