Internazionale

Kerry s’infuria: meno internet per Assange

Kerry s’infuria: meno internet per AssangeJulian Assange – La Presse

Ecuador Quito ammette di aver ristretto l'accesso alla rete al giornalista

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 20 ottobre 2016

Un confinato sotto censura? Sta suscitando molte polemiche la decisione di limitare l’accesso a internet al giornalista Julian Assange, fondatore del sito Wikileaks: nel pieno delle rivelazioni sulle mail della candidata democratica Usa, Hillary Clinton. Le ultime in ordine di tempo, diffuse dal sito dopo quelle sull’intervento in Siria e sul doppio binario seguito da Clinton in America latina, riguardano i messaggi con John Podesta, consulente della candidata. Una corrispondenza in cui emerge il disprezzo per i latinoamericani e per i cattolici, mentre si conferma il feeling con le grandi corporazioni come Goldman Sachs.

Una pratica che ha fatto infuriare il governo Usa e ha spinto John Kerry a intervenire direttamente presso il presidente ecuadoriano Rafael Correa. Secondo Wikileaks, gli avrebbe parlato durante la firma degli accordi di pace tra Farc e governo colombiano a Cartagena. Dopo il terribile terremoto che lo ha colpito e il ritorno del Fondo Monetario internazionale fra i «donatori», a seguito del mutamento di clima che si registra in America latina, l’Ecuador – un paese comunque dollarizzato – ha dovuto scendere a più miti consigli?

I più malevoli sostengono di sì. Un comunicato del governo ecuadoriano ammette che la limitazione nei confronti di Assange c’è stata ed è dovuta alla «quantità di documenti pubblicati da Wikileaks, che hanno un impatto sulla campagna elettorale negli Stati uniti». E siccome Quito «non s’immischia nei processi elettorali in corso né appoggia alcun candidato in particolare», si è deciso di mettere un po’ di museruola ad Assange. D’altro canto – precisa il comunicato – la misura non influisce sulla libertà di stampa del sito, che può continuare a svolgere la propria attività giornalistica. E che ha minacciato altre rivelazioni sulle elezioni dell’8 novembre.

Il governo ecuadoriano ribadisce comunque la volontà di non smentire «la sua tradizione di difesa dei Diritti umani, specialmente nei confronti di chi è vittima di persecuzione politica, riafferma l’asilo a Julian Assange e reitera l’intenzione di salvaguardarne la vita e l’integrità fisica finché non potrà recarsi in un posto sicuro». La politica estera dell’Ecuador – conclude – risponde esclusivamente a decisioni sovrane e non cede alle pressioni di altri Stati».

Assange si trova nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra dal 2012. Quito gli ha concesso asilo politico, sottraendolo alle ire degli Usa, beffati dal Cablogate. La corrispondenza diplomatica, svelata dal soldato Bradley Manney – ora Chelsea – e pubblicata da Wikileaks aveva gettato luce sui piani di guerra di Washington e su altre magagne di non poco conto. Ad Assange è poi arrivata un’accusa di stupro (che ha sempre negato) e una richiesta di estradizione dalla Svezia, con conseguente pericolo di essere da lì portato negli Usa.

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