Un cavallo di Troia si aggira per l’Europa, da anni, cercando di inquinare oltremodo il già complicato, polarizzato e pregiudizievole rapporto tra Unione europea e Africa, cavalcando l’insoddisfazione e la frustrazione delle diaspore africane e la demagogia di vari leader politici europei e africani. Si chiama Kemi Seba, è un cittadino francese di origini beninesi, doppia nazionalità, nato a Strasburgo nel 1981.

DA TEMPO SEBA GIRA EUROPA e Africa promuovendo la sua iniziativa politica separatista, volta al ritorno delle diaspore nel continente, alla “de-francesizzazione” dell’Africa e, in particolare negli ultimi anni, contro il neocolonialismo e il franco Cfa. Polemiche, queste ultime due, che nel tempo hanno trovato sponde politiche in Italia: nel settembre 2018 l’allora sottosegretario agli Esteri Manlio di Stefano si fece fotografare con Seba, in visita in Italia, le cui argomentazioni sono state utilizzate anche da altri esponenti pentastellati, come Alessandro Di Battista e Luigi di Maio.

Nel 2019, quando infuocava la polemica sul signoraggio francese verso i paesi africani che utilizzano il franco Cfa, anche Giorgia Meloni prese in prestito le teorie di Seba per denunciare lo sfruttamento francese in Africa occidentale, diffondendo informazioni false e approssimative che fecero infuriare Parigi, che convocò l’ambasciatrice italiana per chiedere chiarimenti.

Sabato scorso Seba, oggi presidente della ong Urgences Panafricaniste da lui fondata, era a Roma, al Centro congressi Cavour, per presentare il suo ultimo libro Philosophie de la panafricanité fondamentale (Fiat Lux, Marsiglia). Incontro partecipato, «seconda tappa del Black Diaspora World Tour», in cui Seba ha esposto «i principi della panafricanità», dando contesto al «clima geopolitico che stiamo vivendo».

POCHI GIORNI PRIMA l’attivista si è concesso una tappa in Russia: il 20 marzo era ospite d’onore della Seconda sessione interparlamentare Africa-Russia, che ha visto riunirsi da Putin decine di parlamentari e presidenti di parlamento africani, proprio nei giorni in cui era in visita a Mosca anche Xi Jinping. L’altra ospite d’onore a Mosca era Nathalie Yamb, attivista e imprenditrice svizzera-camerunese, nota per le sue posizioni anti-francesi e per aver sostenuto apertamente l’invasione russa in Ucraina.

Seba, a Mosca, ha parlato di fronte ai delegati illustrando la sua idea di panafricanismo, declinato principalmente con un forte astio e una dura critica alla Francia e ai suoi interessi in Africa: «La questione di oggi è il neocolonialismo dell’occidente in Africa», un nuovo attacco «dei globalisti» alle sovranità nazionali, che poi è «la ragione vera per cui mi trovo a Mosca». Giacca di velluto rosso e piglio da leader, in quasi nove minuti di intervento Seba ha «avvertito russi e cinesi, amici che applicano il principio di vera reciprocità, dell’importanza di non ripetere gli errori occidentali» in Africa.

SECONDO UN’INCHIESTA del magazine francese Jeune Afrique, in collaborazione con il quotidiano tedesco Die Zeit e organizzazioni come All Eyes On Wagner e Dossier Centre, Kemi Seba è stato finanziato, sostenuto e persino guidato, tra il 2018 e il 2019, da Evgenij Prigozhin, l’imprenditore russo fondatore del gruppo paramilitare Wagner. Lo stesso Seba, nel 2020, disse di essere stato invitato da Prigozhin prima in Russia, poi in Sudan e Libia.

Vicino ad Aleksandr Dugin, Seba era stato al Cremlino nel 2017 e poi nel marzo 2022, quando ha incontrato Mikhail Bogdanov, viceministro degli Esteri russo con delega per l’Africa, e tenuto una conferenza all’Istituto statale per le relazioni internazionali. Due settimane fa, una sua intervista che sarebbe dovuta andare in Francia nel programma Les Grands Entretiens su Chaine parlementaire non è andata in onda dopo la denuncia del deputato francese Thomas Gassilloud, che lo definisce «staffetta della propaganda russa».

SEBA, GIÀ ESPULSO DAL SENEGAL nel 2017 e condannato in passato in Francia per affermazioni antisemite, ha reagito con veemenza: «Quando France24 intervista il capo di Al Qaeda nel Maghreb Islamico non vi dispiace, cari coloni?». Un’argomentazione che, proprio questa settimana, è stata utilizzata dalla giunta militare al potere in Burkina Faso per giustificare l’oscuramento proprio di France24. Riuscendo nella non semplice missione di eliminare quasi completamente la presenza francese nel proprio territorio. Grazie, anche, al supporto della Russia e del gruppo Wagner nel campo della sicurezza. Da un colone all’altro, dalla padella alla brace.