Per tutti noi è stata l’incarnazione dell’esistenzialismo. Vestita di nero, alta, magra, seducente, ha attraversato la storia francese con una dignità invidiabile. Citare le personalità che ha incontrato e frequentato è un’impresa.

MERLEAU-PONTY, Jean-Paul Sartre e Simon De Beauvoir sono affascinati dalla ragazzina curiosa, Jean-Pierre Wimille, pilota di auto da corsa è il suo primo amor fou (muore in un incidente sul circuito di Palermo in Argentina), ecco Miles Davis, lui ha 23 anni, lei 22, una passione travolgente che segna, soprattutto lui, poi Philippe Lemaire attore seducente, padre della sua unica figlia, Laurence-Marie, il produttore Darryl Zanuck la vuole sedurre, la fotografa finlandese Irmeli Jung la adora, Michel Piccoli la sposa in seconde nozze, seguito da Gèrard Jouannest, pianista e compositore con Jacque Brel, la accompagna e la sposa, per lei terza volta.
È il 1927 quando Juliette nasce il 7 febbraio a Montpellier.

Vive con la mamma: il padre commissario di polizia le ha abbandonate. E con la sorella Charlotte, insieme vivono in termini decisamente anticonformisti, sino a quando le figlie vengono affidate al nonno, a Parigi, architetto, anche lui di sinistra. Quando scoppia la guerra, il nonno è morto, sfollano tutte in Dordogna. La mamma, che fa parte della resistenza, viene arrestata. Insieme a lei Charlotte, più grandicella: vengono inviate in campo di concentramento. Anche Juliette viene arrestata, ma avendo solo sedici anni, dopo tre settimane la rilasciano.

SI RITROVA così a Parigi, a Saint-Germain des Prés, canta e vuole diventare attrice, iniziando una vita da bohème con qualche sporadica scrittura. Rientrano Charlotte e mamma che però pensa solo a Antoinette, la sua amante. Juliette comprende che le tocca far da sola, anche perché mamma parte per l’Indocina e addio. Così incontra Jean-Paul Sartre e Simone De Beauvoir, Albert Camus e molti altri tra cui Michel de Ré che le offre un ruolo in una pièce teatrale (Victor di Roger Vitrac) in cui deve interpretare una donna di trenta anni. Juliette non ne ha ancora venti.

OSTINATA si adatta a fare diversi lavori, ma intende mantenere la sua dignità. Nel 1949, Charlotte si è nel frattempo sposata e la madre ha tagliato i ponti economici. Marc Doelnitz intende riaprire Le Boeuf uno storico locale di cabaret e sostenuto da Sartre, Cocteau e Anne-Marie Cazalis la convince a cantare. Già, ma cosa? Sartre le sottopone molte poesie, lei sceglie Si tu t’imagines, di Raymond Queneau, e L’Eternel féminin, di Jules Laforgue. Sartre le presenta anche il suo amico compositore Joseph Kosma. Cinque giorni dopo debutta davanti a Sartre, Beauvoir, Cocteau, Camus, Marlon Brando. Dopo aggiunge anche in repertorio Les Feuilles mortes, di Prévert (musica di Kosma).

Il resto è storia, ma anche leggenda, perché Juliette ha attraversato decenni e paesi con la stessa agilità intellettuale e la stessa straordinaria presenza acquisita in quei primi anni del dopoguerra. Caetano Veloso si chiedeva cosa fosse un esistenzialista e un amico gli rispose: un filosofo parigino che fa tutto, ma assolutamente tutto quel che vuole. Anche al cinema dove recita per Jean-Pierre Melville (Labbra proibite), Jean Renoir (Eliana e gli uomini), oltreoceano con John Huston (Le radici del cielo). E nel celebre sceneggiato televisivo degli anni Sessanta Belfagor ovvero Il fantasma del Louvre.

SAREBBE troppo citare l’infinità di concerti e di canzoni che Juliette ha portato in trionfo ovunque nel mondo. Vogliamo citare solo un album, del 2013, quindi già in età matura, dedicato al grande amico Jacques Brel, dodici titoli del poeta musicista che «ho capito perché amavo tanto, a causa di questa visione senza sdolcinature».
Ora se ne andranno di nuovo a filosofeggiare, a cantare, a scrivere, a divertirsi, perché quel che conta è fare tutto, assolutamente tutto quel che uno vuole.