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«Joker: folie à deux», la doppia follia nel musical da juke box

«Joker: folie à deux», la doppia follia nel musical da juke boxJoaquin Phoenix e Lady Gaga – foto Niko Tavernise/courtesy Warner Bros

Venezia 81 In concorso il sequel del film che vinse il Leone d’oro nel 2019, con Joaquin Phoenix e Lady Gaga. Ma la regia di Todd Phillips appare priva di scarti, intrappolata in sé stessa

Pubblicato circa un mese faEdizione del 5 settembre 2024

La Mostra ha dato i numeri, un successo netto (+ 11% sui biglietti venduti; +25% di abbonamenti; +2% di accrediti) già prima del finale, sabato prossimo, che le giornate di sold out dentro e fuori le sale sul Lido immerso in un calore umido mai visto avevano già anticipato. Probabilmente quella di ieri avrà provocato un’ulteriore impennata: sul tappeto rosso preso d’assalto sin dalla notte prima per garantirsi la migliore visuale social è sfilata Lady Gaga protagonista insieme a Joaquin Phoenix del nuovo capitolo di Joker – il precedente ha vinto un po’ a sorpresa il Leone d’oro nel 2018, conquistando poi il box office mondiale – Joker: Folie à Deux (nelle sale il 2 ottobre). E prima ancora che il cast sbarcasse dal taxi per incontrare i giornalisti le urla di fotografi e pubblico per la super pop star echeggiavano fino alla calli di Venezia.
Todd Phillips, il regista, ha presentato il film come un «musical da juke box»: «Volevamo creare qualcosa di folle e di coraggioso come è Joker giocando col tema dell’identità». E un musical per il quale Phoenix ha dovuto allenarsi a cantare – e addirittura Lady Gaga – oltre dimagrire in modo impressionante, è questo Folie à deux in cui il regista continua la sua decostruzione di Hollywood e delle illusioni dello show business su quel palcoscenico che è interamente nella testa del protagonista. Chi è Joker sembra la domanda che echeggia ancora più decisa dopo gli omicidi che lo hanno reso un eroe popolare? Un prologo in forma Looney tunes ci anticipa le piroette della duplice personalità di fronte ai riflettori e al pubblico osannante Joker scalza Arthur Fleck e nel microfono fa esplodere la sua risata irrefrenabile. Ma ora Fleck la maschera da clown di Joker l’ha dovuta togliere, è rinchiuso nel reparto più violento dell’Arkham State Hospital dopo quei cinque omicidi, di cui uno in diretta tv del famosissimo show man televisivo Murray Franklin.

MENTRE Gothan City aspetta il processo, lui sopravvive fra psicopatici estremamente violenti, detenuti o poliziotti poco importa, smagrito, imbambolato dai farmaci, privato di volontà. Fragile, soprattutto, l’opposto del Joker sprezzante vendicatore eroe populista adorato dai fan che in quell’aria carica di violenza, armi, frustrazioni lo hanno eletto a simbolo delle loro lotte, è lui l’«uomo forte» di cui hanno bisogno. Make the America Great Again? Un po’ troppo semplice. O forse no chissà. Anche se qui la scintilla narrativa è romantica, una storia d’amore, il musical dei duetti, delle danze, dei sogni su quella scena immaginata – e a molto reale – di Arthur e di Harley «Lee» Quinn (Lady Gaga). La incontra nel manicomio criminale, lei è in un livello di pericolosità basso, gli dice che è il suo eroe, che è cresciuta dove è cresciuto lui, che insieme costruiranno una montagna, loro due contro il mondo, il sogno della famiglia, di una casa, dei figli.

Mentre Gothan City aspetta il processo, lui sopravvive fra psicopatici estremamente violenti, poliziotti, smagrito e imbambolato dai farmaci, privato di volontà

MAGARI mente ma lui le crede, è come le canzonette servono a sognare no? E guai a tradire l’invenzione, è la fine di ogni cosa.. Sulla scena però il copione diverge: lui immagina una compilation assai romantica, lei freme di ambizione, fama, potere, copertine dei giornali, interviste tv un po’ come il «caso» Boccia che turba assai il governo e sta facendo vacillare il ministro Sangiuliano – qui nei corridoi e tra i tavoli del ristorante non si parla d’altro, fra il timore di nuovi disastri e l’ironia del feuilleton estivo.
E Joker: Folie à deux? Nell’era 2.0 dello spoiler non si può dire di più Soltanto che c’è un momento, forse uno dei più belli e certo non casuale, in cui i due in carcere guardano un film, un musical di Vincent Minnelli, The Band Wagon (1953, Spettacolo di varietà ) con Fred Astaire che nel personaggio di Tony Hunter, dance man di Broadway un tempo di successo ora in decadenza racconta la riconquista di quel territorio che è il palcoscenico e con esso del mondo. Lui viene dal passato, non si adatta alle nuove idee in technicolor eppure basta un passo e la magia ricomincia. E Arthur Fleck si «adatta» a Joker (e viceversa?) O quello spettacolo non gli corrisponde, gli è sfuggito di mano, è diventato lo show di qualcun altro? The world is a stage, the stage is a world. Specie per Joker e per Lee. E pure per il regista. Si deve sapere dove mettersi però, e se la lente è il musical non basta cantare anche se hai due interpreti d’eccezione. Phillips ( per la sceneggiatura ha lavorato insieme a Scott Silver) in questo meta-Joker e meta-tutto di molte cadute e sbilanciamenti non sa calamitare i suoi protagonisti, due fantastici interpreti, le irrequietezze di Phoenix, l’eccentricità anarchica di una superdiva come Lady Gaga, la propria ambizione. Il viaggio «dentro» la «doppia follia» della Folie à deux appare privo di scarti, intrappolato in sé stesso. Difficile proiettarci sopra qualcosa di più.

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