Anno 33 dell’era cristiana: «Preferite Gesù o Barabba?», la folla: «Barabba!». Anno 2024 dell’era cristiana: «Preferite un presidente anziano ma onesto, che ha fatto il possibile per migliorare la vita degli americani o un aspirante dittatore imputato di 91 reati diversi?», la folla: «TRUMP, TRUMP, TRUMP!». Così vanno le cose negli Stati Uniti.

Sui giornali italiani, stimati commentatori si arrovellano su cosa succederà dopo che la Corte Suprema del Colorado ha stabilito che Donald Trump non può essere inserito nelle liste elettorali perché in violazione di una clausola del XIV emendamento della Costituzione, quella che esclude da tutte le cariche elettive chi si è reso colpevole di “insurrezione” contro il governo. La risposta è semplice: niente. Ci penserà la Corte Suprema, blindata dall’ex presidente con giudici amici, a risolvere il problema: Trump potrà candidarsi alla presidenza nel 2024.

La notizia di questi giorni è che ha pure buone probabilità di vincere perché la coalizione democratica che ha eletto Biden nel 2016 mostra vistose fratture. Prima di tutto i giovani, perché per la prima volta nella storia recente delle elezioni americane, un candidato repubblicano è in vantaggio su quello democratico nei sondaggi: Trump in questo momento supera Biden 49% a 43% nelle intenzioni di voto degli elettori fra i 18 e i 29 anni. Perché? Perché i giovani americani sono disgustati dal sostegno di Biden a Israele, in pratica incondizionato malgrado le mezze frasi sulla tregua. Lo sterminio di donne e bambini palestinesi sta provocando una rivolta tra elettori tradizionalmente democratici: «La stragrande maggioranza afferma che Israele non sta facendo abbastanza per evitare vittime civili a Gaza, crede che Israele non sia interessato alla pace e pensa che Israele dovrebbe fermare la sua campagna militare, anche se ciò dovesse significare che Hamas non sarà eliminato» scrive il New York Times. Una ribellione durevole, che non si potrà controllare con qualche sofisticato spot televisivo nel prossimo autunno (si vota il 5 novembre 2024).

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Le cattive notizie non si fermano qui: Trump è in vantaggio su Biden in cinque dei sei stati in cui è più probabile che si decida la presidenza, a causa del diffuso malcontento per lo stato del paese e dei crescenti dubbi sulla sua capacità di affrontare un secondo mandato, a causa dell’età.

Trump è in vantaggio per 48% a 44% in Pennsylvania, Michigan, Georgia, Arizona e Nevada, tutti stati dove Biden aveva vinto, sia pure con margini ristretti, nel 2020. La vittoria in questi stati sarebbe più che sufficiente a Trump per ottenere i 270 voti elettorali necessari per essere nuovamente eletto alla presidenza (negli Stati Uniti il presidente viene eletto da un collegio elettorale formato da delegati dei 50 stati, non direttamente dai cittadini).

Ovviamente, a quasi un anno dalle elezioni, c’è tutti il tempo per cambiare la situazione: Trump deve affrontare almeno quattro processi con imputazioni da ergastolo per i suoi tentativi di rovesciare il risultato delle elezioni del 2020 e restare illegalmente al potere. Da qui a novembre tutto potrebbe succedere in Ucraina e a Gaza. I finanziamenti a Zelensky e a Netanyahu potrebbero rallentare o fermarsi per l’opposizione dei repubblicani alla Camera, con sviluppi imprevedibili. Nei suoi comizi Trump dà segni di declino cognitivo e una minoranza consistente di elettori repubblicani dice che non lo voterebbe se fosse condannato in uno dei suoi processi.
Tutto questo, però, non modifica una situazione in cui tutti i pianeti sembrano allinearsi per fare del 2024 un anno disastroso per i democratici, che rischiano di perdere non solo la presidenza ma anche Camera e Senato a beneficio si un partito repubblicano sempre più autoritario e fascistoide. Basterà dire che in Senato l’evanescente maggioranza democratica è già scomparsa con l’abbandono del gruppo da parte di Kyrsten Sinema, la senatrice dell’Arizona, e di Joe Manchin, il senatore del West Virginia, mentre il rappresentante della Pennsylvania John Fetterman ha paradossalmente preso le distanze dal partito perché lo ritiene non sufficientemente filoisraeliano.

Alla Camera tutto può succedere perché i due partiti si sono dati molto da fare per ridisegnare le circoscrizioni elettorali, ciascuno a proprio vantaggio. L’attuale maggioranza repubblicana è fragile, ma il traino di Trump potrebbe risultare decisivo nelle circoscrizioni in bilico.

Le elezioni del 2024 sembrano ripetere uno scenario già visto nel 1968, quando i democratici si suicidarono politicamente per la loro ostinazione a continuare la guerra in Vietnam e Richard Nixon venne eletto presidente. Vero è che oggi, a differenza di allora, non ci sono giovani americani che muoiono sul campo di battaglia ma la legge storica che vede l’opinione pubblica americana sostenere soltanto guerre brevi e vittoriose vale sempre: Biden sembra averlo dimenticato e questo potrebbe costargli la presidenza.