«Non lasciamo che il lato oscuro, satanico, spaventoso e atroce che è il socialismo vinca»: così Javier Milei, il presidente della Repubblica argentina, venerdì pomeriggio a Madrid, alla presentazione del suo libro El camino de un libertario, presso la sede del quotidiano conservatore spagnolo La Razón, chiamava all’unità delle destre contro il “nemico” politico.

Milei è per la prima volta in Spagna da quando è stato eletto, ma non incontrerà né il presidente del governo spagnolo Pedro Sánchez né il re Felipe VI. Per quanto abbia viaggiato sull’aereo presidenziale, un Boeing 757 dello Stato argentino, come se si trattasse di un viaggio ufficiale, sollevando la critica dell’opposizione del suo paese, la sua è una missione da leader politico piuttosto che da presidente. Oggi infatti parteciperà alla manifestazione delle estreme destre convocate nella capitale spagnola da Vox, come atto di apertura della campagna elettorale per le prossime europee, a cui prenderanno parte tra gli altri, in presenza o in video conferenza, la francese Marine Le Pen, il portoghese André Ventura, l’ungherese Viktor Orbán e Giorgia Meloni. Una vera internazionale dell’estrema destra celebrata in Spagna «perché – afferma Sánchez in un atto politico del suo partito – rappresentiamo come società tutto quello che detestano e odiano: il femminismo, la giustizia sociale, la dignità nel lavoro, lo Stato sociale forte e la democrazia».

AD ASCOLTARE il presidente argentino, tra il pubblico, il leader di Vox Santiago Abascal, verso il quale Milei manifesta gratitudine, l’unico ad accoglierlo «quando ero un essere spregevole e nessuno mi voleva», ammette a maggior gloria del suo amico spagnolo. Presente anche la ex presidente della Comunità di Madrid, la popolare Esperanza Aguirre assieme ad altri rappresentanti delle destre spagnole. E un posto riservato, poi rimasto vuoto, a nome del giudice Manuel García Castellón, molto attivo nell’accusare di terrorismo alcuni dei leader dell’indipendentismo catalano in esilio.

MILEI RACCONTA come ha ridotto il suo paese allo stremo, applicando una ricetta economica ultraliberista, che gli è avvalso il plauso del Fondo Monetario Internazionale per avere realizzato «risultati migliori di quanto sperato». Tanto da guadagnarli una nuova tranche di 800 milioni di dollari come parte del programma di rifinanziamento del debito contratto con l’organismo internazionale nel 2018 dal conservatore Mauricio Macri e poi riconfermato nel 2022 dal peronista Alberto Fernández.

MILEI PARLA della giustizia sociale come di «un’aberrazione», del controllo dei capitali come di una pratica immorale, delle imposte come di un furto, della redistribuzione della ricchezza come di un prodotto dell’invidia. Si vanta dello shock sociale provocato dalle sue politiche che ha prodotto un primo avanzo fiscale trimestrale dello 0,6% del Pil argentino, allertando gli uditori del cammino tutt’altro che rettilineo per arrivarvi. Reitera l’intenzione di chiudere la Banca Centrale argentina e assicura che proibirà per legge l’emissione di denaro, affidando all’importazione di dollari la domanda interna di moneta.

Ieri mattina, Milei ha incontrato a Madrid i rappresentanti delle grandi imprese spagnole con presenza in Argentina, guidate da Antonio Garimendi, il presidente della Confindustria spagnola. In questa, che è stata l’unica parte del viaggio che aveva una relazione con gli interessi del suo paese, il presidente argentino ha esposto la sua ricetta economica basata sui tagli alla spesa sociale e la riduzione dell’intervento pubblico nell’economia.

FINORA, PERÒ, in Argentina Milei non è riuscito a far approvare definitivamente dal parlamento nessuno dei provvedimenti con cui ha inaugurato la sua politica di motosierra. L’opposizione parlamentare sta obbligando il governo a un percorso accidentato e la mobilitazione popolare si mantiene forte nelle piazze, il secondo sciopero generale convocato nei giorni scorsi dai sindacati argentini contro il governo è stato un successo.

Ma le conseguenze delle misure economiche introdotte con il primo decreto stanno producendo un’enorme sofferenza sociale in Argentina. Il salario medio reale è caduto del 19% nei primi mesi dell’anno e sta sotto la soglia di povertà, il consumo è crollato tra l’11% e il 25%, l’inflazione infrannuale è del 290% e l’industria è franata del 21% rispetto a un anno fa. Il patimento sociale è tangibile anche nelle condizioni delle persone più fragili, come i malati cronici che non ricevono più i farmaci salvavita dallo Stato: negli ultimi quattro mesi sono morte sette persone in attesa delle medicine.