Jason Collins, primo atleta gay sotto contratto nella Nba
Jason Collins
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Jason Collins, primo atleta gay sotto contratto nella Nba

Sport Per la prima volta nella storia delle principali leghe sportive americane mette piede in campo un atleta apertamente omosessuale
Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 24 febbraio 2014

A Brooklyn per un pezzo di storia sportiva. Per la prima volta nella storia delle principali leghe sportive americane mette piede in campo un atleta apertamente omosessuale. I Brooklyn Nets, franchigia Nba dell’oligarca russo Mikhail Prokhorov hanno messo sotto contratto per dieci giorni Jason Collins, che nell’aprile 2013 confessava di essere gay in una lunga lettera pubblicata su Sport Illustrated. «Non ho chiesto io di essere il primo giocatore gay della storia – scriveva allora sulla Bibbia dello sport americano -, ma visto che ci sono, sono felice di esserlo». Accordo di dieci giorni, precariato che è consuetudine tra i professionisti dall’altra parte dell’Atlantico. Il tempo di tre-quattro partite. Con l’esordio avvenuto allo Staples Center di Los Angeles contro i Lakers. Un nuovo inizio per il 35enne Collins, ma Brooklyn, che ha bisogno di un «lungo» per sistemare un reparto in difficoltà dopo l’infortunio del titolare Brook Lopez, è pronta a tenerlo per tutta la stagione.

Soprattutto, arriva nello sport a stelle e strisce un nuovo segnale di apertura di colossi come Nfl e Nba verso l’universo omosessuale dopo la recente confessione di Michael Sam, 24enne fenomeno collegiale (Missouri Tigers) del football statunitense. Gay e orgoglioso di rivelarlo al mondo dalle colonne del New York Times. A maggio Sam dovrebbe essere scelto al draft e diventare così il primo giocatore di football professionista dichiaratamente omosessuale. Mentre Casey Stoner, capitano della squadra di calcio femminile inglese, anche lei omosessuale, ha detto che non si recherà ai Mondiali in Russia e Qatar in segno di protesta contro le loro leggi anti-gay. Collins ha anticipato entrambi, con l’esperienza del veterano che lotta per il pallone ogni sera sotto i tabelloni contro i pari giganti di oltre due metri.

Pagando anche un prezzo caro. Perché dopo la pubblica ammissione (vestiva la casacca degli Washington Wizards), per lui si erano chiuse le porte del Circus del basket. Mai Collins era stato una star, anzi un caratterista del carrozzone Nba, alla fine di una carriera senza grandi soddisfazioni da 713 partite tra i professionisti. Nessuna chances di tornare su un parquet, nonostante tante pacche sulle spalle e un ruolo pubblico nel Paese. Tra colleghi, allenatori, familiari, amici. Compreso un giretto alla Casa Bianca, ospite di Barack e Michelle Obama da simbolo dei diritti omosessuali. Nel frattempo, solo allenamenti per mantenersi in forma, porte chiuse e un dubbio sempre più reale, tra taccuini e spogliatoi: la pubblica confessione aveva messo fine alla sua carriera agonistica? Ecco invece la sua chance quando si era rassegnato a non averne più. In campo assieme agli ex compagni dei Boston Celtics Paul Pierce e Kevin Garnett. La dirigenza dei Nets ha fatto sapere che si tratta di una scelta solo legata al basket. Ma Collins in campo va con la maglia numero 98 in onore di Matthew Shepard, studente della Wyoming University caduto in un agguato omofobico.

 

 

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