Due ore e sedici minuti. È il tempo che Jannik Sinner ha impiegato per sconfiggere in finale Taylor Fritz e aggiudicarsi gli US Open. Un match che, per ovvi motivi, avrà emozionato i sostenitori italiani e infiammato, per brevi tratti, il pubblico statunitense, ma che non potrà essere definito memorabile. E non per colpa del tennista italiano, troppo forte per il suo avversario e superiore in quasi tutti gli aspetti del gioco.

SINNER, perciò, vince il suo secondo Slam della stagione e della carriera e già questo dato lo colloca tra i grandi della disciplina. Praticamente imbattibile sui campi in cemento o affini, sconfitto solo in cinque set da Carlos Alcaraz a Parigi e da Daniil Medvedev a Wimbledon, il numero uno ha pienamente legittimato la propria posizione al vertice della classifica mondiale.
Cos’è cambiato rispetto a dodici mesi fa, quando Alexander Zverev lo estrometteva dal torneo di New York agli ottavi di finale? Le risposte sono molteplici. Intanto, per un atleta di ventitré anni ogni giorno in più significa crescere, apprendere, fare esperienze, acquisire convinzioni. Ed è quello che è accaduto. Bastava saper aspettare, avere pazienza, non farsi trascinare dal panico quando l’enorme potenziale messo in mostra sin dalla fine del 2019, si arenava al cospetto di contendenti più maturi e, in quel momento, in grado di attingere a maggiori risorse tecniche e fisiche. Forse è proprio questa la dote che i suoi colleghi dovrebbero invidiargli. La capacità di fare un passo alla volta, di interrogarsi, di cercare soluzioni e di progredire.
Il Sinner che affrontava Rafael Nadal ai quarti di finale a Parigi nella strana edizione autunnale del 2020, e che per due set provò a scappar via per poi essere immancabilmente ripreso e superato, oggi si è evoluto, ha capito quella e altre lezioni, un po’ come toccò persino alla divinità Roger Federer.

NON SI PUÒ essere tutti precoci come Alcaraz, con quegli incredibili istinti per il gioco che lo hanno immediatamente sbalzato dalla sua cameretta col poster di Nadal o di chi altro appeso al muro. Dopo l’era dei Federer, Nadal e dell’ostinato Novak Djokovic, il merito di Sinner è stato di non farsi coinvolgere dalle discussioni circostanti, soprattutto da chi pensa che per essere un buon giocatore si debbano conquistare una ventina di Slam.

Ovviamente, alla qualità umana si è unita quella tecnica. Il neo campione di Flushing Meadows ha migliorato nella resa del dritto e del servizio, anche se a New York non è stato un fattore determinante come a Melbourne. E poi ha aggiunto la palla corta, le variazioni, le discese a rete, magari non tutte destinate al successo, però allarmanti per chi dall’altra parte non sa cosa attendersi punto dopo punto. Pezzi di un mosaico che donano certezze pure quando qualcosa non sembra più funzionare, come capitato nella finale agli Australian Open, sotto due set a zero con Medvedev, o due giorni addietro con Fritz che pareva in grado di riaprire la partita avanti 5-3 nel terzo set e che, invece, subiva un definitivo parziale di quattro giochi a zero.

SI MORMORA che Sinner sia noioso. Lo è per i risultati che ottiene, non certo per tutte le cose che sa fare. In questi giorni, quelli che lo hanno incontrato avevano una, due opzioni al massimo per contrastarlo. E questo è l’elemento più destabilizzante. Perché il saper stare in campo, arretrando o avanzando di un metro, rallentando o accelerando, insistendo sulla parte destra o sinistra, rende Sinner, su un’intera stagione, il migliore di tutti. A Melbourne in gennaio aveva ceduto tre set, a New York, a distanza di quasi otto mesi e con performance meno brillanti, addirittura due.
Nello sport, e dunque nel tennis, si può parlare con agio del presente e del passato. Quando si vuol prevedere il futuro, le cose si complicano. Analisti ed esperti molto competenti avevano immaginato che a tagliare per primi certi traguardi sarebbero stati Holger Rune e Ben Shelton. Probabile che nel tempo il danese e lo statunitense otterranno quello che la loro attuale formazione non consente ancora. Per questo, appare un esercizio futile calcolare quanti Slam vincerà Sinner, o per quante settimane sarà numero uno del mondo. Il prossimo torneo è il solo orizzonte che possiamo contemplare.