Jana Zakarna, 16 anni compiuti da poco, era andata in terrazzo per portare del cibo al gatto. Non è più tornata a casa. Il fratello l’ha trovata stesa a terra, supina, sanguinante, morta probabilmente già da diversi minuti. «Due proiettili l’hanno centrata alla testa, due in altre parti del corpo, quattro colpi che hanno messo fine alla vita di una ragazza piena di vita che amava studiare la lingua inglese», racconta lo zio Yasser Zakarna. La morte di Jana ha commosso l’intera popolazione palestinese. Centinaia hanno seguito il suo funerale ieri nelle strade di Jenin e del campo profughi. Il padre davanti a tutti, con in spalla il feretro coperto da due bandiere palestinesi. Ad ucciderla sono stati i colpi sparati da un cecchino, schierato a copertura dell’ennesimo raid dell’esercito nel «nido delle vespe» così come l’intelligence israeliana chiama la città settentrionale cisgiordana.

Alcuni mezzi d’informazione, non solo israeliani, hanno fatto a gara nell’ipotizzare la responsabilità dei «terroristi», ossia i combattenti della Brigata Jenin, la formazione armata palestinese gemella della Fossa dei Leoni a Nablus. E le Forze armate israeliane per ore si sono limitate a parlare di indagini in corso per accertare l’accaduto senza escludere alcuna ipotesi, a partire dal coinvolgimento di palestinesi armati. Poi, di fronte all’evidenza, nel pomeriggio il portavoce militare ha riconosciuto che con «alta probabilità» un cecchino della polizia di frontiera ha «accidentalmente» ucciso Jana Zakarna perché «vicina a uomini armati» che da un tetto sparavano ai soldati durante gli arresti di «terroristi». Una versione respinta dalla famiglia e dall’intera Jenin. Alcuni hanno fatto notare che un tiratore scelto, quindi altamente addestrato, è dotato degli strumenti più sofisticati per poter inquadrare l’obiettivo anche di notte. Perciò, aggiungono, è improbabile che abbia sparato a una ragazza disarmata non distinguendola da un uomo con un mitra. Altri negano che ci fossero combattenti sui tetti intenti a sparare ai militari in strada.

Il raid domenica sera è iniziato intorno alle 22, quando la polizia di frontiera sotto copertura ha fatto irruzione nella parte orientale di Jenin. I filmati delle telecamere a circuito chiuso mostrano le forze speciali uscire da furgone bianco, simile a un veicolo civile, ed aprire il fuoco. In pochi attimi gli israeliani hanno arrestato Thaer Hathnawi, 40 anni, e suo fratello, Mohammad Hathnawi, 33 anni, ricercati come presunti membri della resistenza armata. Arrestato anche un terzo palestinese, Hasan Mirai, di 30 anni. Poi si è scatenato l’inferno con gli uomini della Brigata Jenin che hanno affrontato con armi automatiche le forze israeliane. I cecchini erano posizionati lì intorno, come avviene sempre quando le forze israeliane fanno irruzione nelle città e nei villaggi palestinesi, a copertura dell’azione e poi della fuga delle unità speciali. Tre palestinesi sono stati feriti.

Jana Zakarna da adolescente estroversa che amava studiare è diventata un numero, la 218esima vittima palestinese del fuoco delle forze israeliane dall’inizio del 2022. Secondo alcune fonti il totale dei morti palestinesi sarebbe di 224, di cui 166 in Cisgiordania. 15 erano minori, tra cui la 15enne Fulla Masalmeh uccisa a novembre dal fuoco dei soldati perché l’autista della macchina su cui viaggiava non si sarebbe fermato in tempo a un posto di blocco. Tra i palestinesi uccisi anche 17 donne. Sono una trentina i morti israeliani nello stesso periodo, 18 dei quali uccisi in attacchi palestinesi a Tel Aviv e altre città la scorsa primavera.