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Italians do it better. Sinner vince un derby magnifico contro Berrettini

L'abbraccio a fine partita tra Jannik Sinner e Matteo Berrettini a Wimbledon 2024L'abbraccio a fine partita tra Jannik Sinner e Matteo Berrettini a Wimbledon 2024 – Alberto Pezzali /Ap

Fili d'erba Sfida storica sul prato di Wimbledon. Il rinascimento italiano nel tennis regala una partita indimenticabile. Peccato sia venuta troppo presto, al secondo turno del torneo

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 5 luglio 2024

Che partita! Alla fine ha vinto il favorito, Jannik Sinner, come tutti pronosticavano. Ma non è questa la storia più importante. Non l’unica.

La notizia da raccontare è che ieri a Londra si è svolto il derby italiano, il primo giocato sul Centre Court di Wimbledon da quando nel 1877 l’All England Croquet and Lawn Tennis Club tenne i suoi primi campionati. Semplicemente The Championship, come se gli altri tornei in giro per il mondo non fossero di tale grandezza.

Per una volta ci sentiamo legittimati a utilizzare l’aggettivo storico. L’italietta del tennis, che fino a non molto tempo fa faceva notizia per qualsiasi cosa tranne che per i risultati sul campo, sembra improvvisamente un ricordo sbiadito, lontano.

The Italian showdown titolava ieri il sito ufficiale del torneo, presentando i profili dei due giocatori. Da un lato un ragazzino di ventidue anni di glaciale freddezza diventato recentemente il numero uno del mondo, dall’altro un ragazzo di ventotto che qui a Wimbledon era già arrivato in finale, rischiando l’inchino davanti al Royal box, e che sui prati erbosi aveva dimostrato di trovarsi particolarmente a suo agio e di non aver niente da apprendere.

Guarda gli highlight della partita sul sito di Wimbledon

Con queste premesse non poteva che venir fuori una gran match. Che metteva uno davanti all’altro non solo due superbi tennisti ma due giocatori che non avrebbero potuto essere più diversi: uno introverso, pacato, sobrio negli atteggiamenti e nella scelta delle parole da utilizzare, l’altro estroverso, solare, esuberante, anche fisicamente. Uno magro e agile negli spostamenti, l’altro potente e possente. Uno che cerca di nascondere, per quanto sia possibile, la propria vita privata, l’altro che non fa più di tanto per renderla invisibile.

Alla fine, dicevamo, ha vinto Sinner. E in questo sport si vince sempre per merito. Non c’è spazio per il rigore non visto o il fuorigioco non dato che conduce a deboli recriminazioni.

Jannik Sinner nella storica sfida contro Berrettini a Wimbledon 2024
Jannik Sinner nella storica sfida contro Berrettini a Wimbledon 2024, foto Alberto Pezzali /Ap

Ma sarebbe potuta andare diversamente e nessuno starebbe qui a scandalizzarsi. A certi livelli nel tennis i match si decidono per un paio di punti, tre al massimo. Sinner, per lunghi tratti più falloso del normale, forse da favorito sentiva il derby più del suo avversario, ha alzato il livello nei momenti importanti, quando contava, come sanno fare i numeri uno al mondo. Un calibrato passante per chiudere il primo tie-break, un meraviglioso rovescio lungolinea in apertura del secondo.

Più in generale la differenza l’ha fatta la risposta, soprattutto a partire dal secondo set. D’altronde nessuno oggi risponde come il ragazzo della Alta Val Pusteria, neanche Novak Djokovic.

Berrettini, da buon underdog, ci ha provato fino all’ultimo, con le sue due potenti armi, il servizio e il dritto, ma non è stato sufficiente. Forse avrebbe meritato il quinto set. Era quello che avrebbe desiderato il publico. Ci ha provato e sperato, chiedendolo a gran voce.

Ma questo, lo sappiamo bene, è lo sport del diavolo. Perfido come pochi.

Su una cosa però saremo tutti d’accordo, dopo aver osservato la partita. Non era un match da secondo turno. Neanche da terzo. Per il livello espresso e per la qualità in campo almeno da semifinale. E’ l’unico rammarico di una grande giornata di tennis.

Matteo Berrettini nella storica sfida contro Sinner a Wimbledon 2024
Matteo Berrettini nella storica sfida contro Sinner a Wimbledon 2024, foto Alberto Pezzali /Ap

Per il resto godiamoci questa nuova popolarità. Un numero uno al mondo, un giocatore fortissimo sull’erba, un trentasettenne di puro talento, 5 ragazzi giovanissimi tra i primi 50 del mondo (ci torneremo). Hanno iniziato a chiamarla Italian renaissance.

In molti, temo, dovranno farci l’abitudine.

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